Il pesce della Befana

Paolo Locatelli

 

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La prima uscita dell’anno, almeno per me, ha sempre un sapore particolare, come se dall’esito di questa dipendesse l’andamento dell’intera stagione di pesca. Finchè ne ho avuto la possibilità la mia stagione di pesca si è sempre aperta il primo Gennaio ed il rito delle pescata di capodanno, magari anche solo di 2 o 3 ore, era di importanza pari, o forse maggiore, a quello del cenone. Ad onor del vero bisogna dire che non si è mai trattato di pescate favolose ma qualche pesce, magari anche solo uno, sono sempre riuscito a catturarlo, spesso di buona taglia, ed in diversi casi mi è capitato di effettuare delle catture decisamente inusuali. Negli ultimi anni, a causa dei vari impegni, la pescata di capodanno si è spostata al 6 Gennaio o “dintorni” diventando così la “pescata della Befana”. Anche quest’anno, per rispettare la tradizione, decido di aprire ufficialmente la mia stagione con la “pescata della Befana”, sperando in una giornata di bassa pressione, con cielo nuvoloso e temperatura non troppo rigida. L’intenzione è di dedicare tutta la mattina allo spinning (a quasi due mesi dall’acquisto devo ancora provare la nuova canna e testare la validità di alcuni artificiali mai utilizzati) e le prime ore del pomeriggio alla mosca. Così, alle 7 di sabato 8 Gennaio, sono già fuori di casa; la nebbia piuttosto fitta e lo spesso strato di ghiaccio sul parabrezza dell’auto, purtroppo, cancellano qualsiasi speranza di cielo nuvoloso e di temperatura mite ma non intaccano neppure minimamente la mia voglia di andare sul fiume. Con la massima rapidità carico in macchina tutta l’attrezzatura e parto per S. Sofia.  Quando arrivo sul fiume sono da poco passate le 8 ed il termometro segna la “mite” temperatura di – 4,7 °C, l’aria frizzante e pressoché priva di umidità  mi sveglia molto di più del caffè del bar di S. Colombano e mi mette in uno stato di grande euforia, peccato che i pesci, non disponendo del mio abbigliamento termico, avranno le funzioni vitali ridotte al minimo. Indossati i waders di neoprene, monto la canna da spinning e poi …… ho lasciato il mulinello a casa ! In altre condizioni mi sarei messo ad imprecare come uno scaricatore di porto ma oggi no, è la prima uscita dell’anno, troppo importante perché una stupida dimenticanza possa rovinarmela. Provo a vagliare tutte le possibilità ma mi rendo conto che, avendo lasciato a casa (volutamente) la scatolina degli streamers, l’unica possibilità per iniziare a pescare subito è quella di provare a lanciare i Rapala più piccoli, quelli da 2, 3 e 5 cm, con la canna da mosca; non sarà il massimo ma, come dicono a S. Piero : “ … in carestia di can, baia la volpa”. Tra l’altro mi rincuora il fatto che due ex soci del club mi avevano raccontato che in Austria, a Gmunden sul fiume Traun, avevano visto pescare ( e catturare ) due indigeni che utilizzavano delle code del 7 con dei Rapala da 7 cm. Nel gilet trovo un finale conico di 2,70 m con la punta da 0,14 mm da rifare, lo taglio nel punto in cui il diametro è approssimativamente di 0,16 – 0,18 mm, lo lego alla coda del 4, la più pesante che mi sono portato, e per finire il “capolavoro” monto un “rapalino”  da 3 cm. Finalmente scendo al fiume e, su un tratto di riva erbosa al bordo di un orticello, provo a lanciare; il risultato è penoso ! Non tanto per il peso dell’artificiale quanto per il fatto che, rispetto agli streamers, il minnow risulta troppo rigido e compatto per cui, nell’esecuzione dei “falsi lanci”, provoca dei contraccolpi terribili. Dopo alcuni tentativi, però, scopro che lasciando pendere fuori dalla canna un metro di coda e lanciando decisamente in avanti, senza volteggiare, è possibile raggiungere una distanza sufficiente all’azione di pesca. Sostituisco la coda del 4 con quella del 2 e la distanza raggiungibile aumenta in misura considerevole. Dopo qualche prova di lancio, e la cattura di un bel cavolfiore congelato, mi sento pronto ad affrontare la mia prima esperienza di “mosking”. Provo a scrutare la piana su cui mi trovo alla ricerca di un pesce ma non vedo “una coda”, mi sposto poco più a valle, dove l’acqua è più profonda e tranquilla, lancio e …….. il Rapala rimbalza due o tre volte sulla superficie completamente ghiacciata poi, prima di fermarsi, scivola stancamente per quasi un metro. E’ incredibile !!! A parte le zone di corrente, in testa ed in coda, tutta la superficie della piana è un’unica lastra di ghiaccio di 2 o 3 mm di spessore, perfettamente uniforme e trasparente. Mi siedo e scoppio a ridere come un stupido, per fortuna che, a parte le galline del pollaio sulla riva opposta ed un cane in un gabbiotto alle mie spalle, nei dintorni non c’è anima viva! A questo punto non mi resta che scendere a valle, dove diverse cascatelle formano altrettante buche abbastanza profonde e sicuramente libere dal ghiaccio. Provo a sondare tutte le tane e tutti i punti in cui un grosso cavedano possa essere in agguato ma, a parte un paio di pesci di un ventina di centimetri che pinneggiano pigramente, sembra di pescare nel “deserto dei tartari”. Continuando a scendere arrivo dove il canale della centrale elettrica sfocia nel fiume, qui la quantità d’acqua è decisamente maggiore e la grande buca immediatamente a valle, oltre ad essere sicuramente ben popolata di pesci, non mi ha mai tradito. Purtroppo far “lavorare” degnamente il Rapala recuperando la lenza a mano è “mission impossible” e tutta una serie di “giochetti” assai attraenti debbono, per oggi, essere accantonati; verso le 10 , non avendo ancora ottenuto alcun risultato, sostituisco il piccolo artificiale da 3 cm con quello da 5 confidando che le maggiori dimensioni possano più facilmente scatenare “l’ira funesta” di almeno uno di quei “testoni” che sicuramente si annidano sul fondo.  Le mie speranze stanno rapidamente scemando, dopo aver “esplorato” tutta la parte superiore e quella centrale della buca, senza alcun risultato, si avvicinano le 11 e sto ormai pescando nella parte terminale, dove solo due o tre posizioni sembrano interessanti. Una in particolare desta la mia attenzione, tra la riva leggermente alta ed un grosso masso affiorante si forma un “canaletto” lungo cinque o sei metri, sufficientemente profondo, largo un paio di metri e con alcuni massi sul fondo che possono essere altrettante tane; cerco di vedere il fondo nonostante i fastidiosi riflessi creati dal sole già alto e, nell’ultimo tratto del canaletto, dietro ad un masso, mi sembra di intravedere un’ombra scura che potrebbe essere la sagoma di un pesce piuttosto grosso. Lancio ad un paio di metri a monte dell’inizio del canaletto, per dar modo al Rapala di affondare di almeno un metro, ed inizio a recuperare a piccoli scatti quando, dopo poco, l’artificiale si blocca improvvisamente, ferro istintivamente ma non succede niente, la sagoma scura è ancora nello stesso posto, almeno due metri più a valle rispetto a dove si trova il mio artificiale; pensando di essermi attaccato ad una pietra del fondo allento la tensione della lenza e provo a liberare l’artificiale con un paio di “colpi di polso” brevi ma decisi e ……….. il “fondo” inizia a muoversi verso monte, lentamente ma con una potenza che mi lascia sconcertato. Non capisco a quale specie possa appartenere il “trattore” all’altro capo della lenza ma è sicuro che è grosso e non si tratta di un cavedano; in pochi secondi e con la massima tranquillità (sua) mi ha sfilato quasi dieci metri di coda e si è fermato verso il centro-buca, in un punto di corrente piuttosto veloce, saldamente ancorato al fondo e senza dare segni di cedimento. Guardo l’orologio, segna le 10:57, mi chiedo perché, con tanti posti per lui più favorevoli, sia andato a piazzarsi proprio lì e sono curioso di scoprire quanto può resistere. Dopo cinque minuti di orologio la situazione non si è modificata neppure minimamente, evidentemente si è sistemato dietro ad un grosso masso, in un punto in cui la corrente deve essere veramente minima perché, oltre a  non “sentirlo” nuotare, non accusa il benché minimo segno di stanchezza.   Decido di lasciare a lui la prossima mossa e, visto che non ho il guadino, di utilizzare questo momento di tregua per trovare un posto più comodo dove, eventualmente, poterlo “spiaggiare”. Scendo qualche metro più a valle, entro in acqua e mi sistemo su una vasta piattaforma rocciosa dove l’acqua ha una profondità che dai 30-40 cm degrada a non più di 5. Dal bordo esterno della piattaforma sono perfettamente allineato con “la bestia” e la trazione che posso esercitare, eliminata l’azione ammortizzante della corrente sulla coda, risulta evidente più proficua perché il pesce inizia subito a dare segni di nervosismo, accenna a dirigersi verso la sponda opposta poi, repentinamente, si porta a centro-buca, risale lentamente la corrente per un paio di metri poi si gira e, a tutta velocità, inizia a scendere verso di me. In queste condizioni mantenere la tensione della lenza è utopia allo stato puro, recupero con la massima velocità possibile mentre, nel canalone al mio fianco, vedo sfilare una quindicina di spaventatissime Carpe di taglia variabile dal chilo scarso ad oltre 3 Kg. E’ chiaro che una di queste deve essere attaccata al mio artificiale ma non so ancora né quale né in quale parte del corpo è attaccata. Quando riesco a riportare la coda in tensione il pesce si è spostato nella buca a valle, accenna ad infilarsi nel correntone d’uscita ma, per fortuna, ci ripensa immediatamente ed inizia a risalire per tornare nella buca superiore; finalmente me la vedo passare quasi sotto i piedi con il Rapala in bocca, è veramente enorme ! La “giostra” sembra non dover mai terminare ma poi, dopo tre tentativi falliti, al quarto riesco a farla scivolare in due dita d’acqua, ad afferrarla e portarla a riva. Venticinque minuti di “guerra” ed è all’asciutto per la foto di rito. Nonostante sia piuttosto magra la bilancia segnerà comunque 3,985 Kg, per questi ambienti si tratta indubbiamente di un “peso massimo”. Dopo una pausa dedicata ad accontentare lo stomaco desolatamente vuoto ed a  rientrare in possesso del braccio destro, piuttosto provato dalla lunga lotta, visto che è quasi mezzogiorno e la temperatura ha superato i 10° C decido che è ora di iniziare a pescare a mosca ma, prima di cambiare il finale, mi viene la curiosità di vedere cos’è realmente quella sagoma che si continua a vedere sul fondo a metà del canaletto. Con la massima cautela mi avvicino  alla riva e scopro che tutto il fondo è pieno di Carpe, ce ne saranno almeno venticinque – trenta di taglia da 1 a 2 – 3 Kg, letteralmente una sull’altra, alcune stanno grufolando ma la maggior parte sono semplicemente lì che pinneggiano pigramente. La tentazione di provare a pescarle è troppo forte, non sono mai riuscito a prendere una Carpa a mosca e l’occasione mi sembra troppo ghiotta per non provarci. Gli unici artificiali affondanti a mia disposizione sono un paio di ninfe montate su amo grub del 16, corpo giallo-crema in polyfloss, torace di 3 giri di filo piombo sottile ricoperto da due herl di pavone ritorte, sacca alare e zampe realizzate con un’unica piuma del petto di pernice. Ne monto una su un finale di 4 metri con punta dello 0,14 e, dopo essermi sistemato un paio di metri a monte dall’inizio del canaletto, mi metto a pescare a scendere. E’ da non credere !! In meno di un’ora ne aggancio tre, purtroppo due si slamano dopo una breve lotta ed una riesce a segarmi il finale, ma anche senza averne catturata nessuna è stata comunque una bella esperienza.  Peccato che poco prima dell’una, mentre sono intento a ricostruire la punta del finale, arrivino tre pescatori che si sistemano esattamente di fronte a me iniziando a pasturare con i bigattini.

La temperatura ha quasi raggiunto i 14°C per cui decido tornare indietro per tentare qualche Cavedano a secca. Verso le 15, dopo aver catturato una dozzina di Cavedani ed essermi semi-congelato i piedi stando in acqua, appagato dal risultato ottenuto decido di chiudere le “ostilità”. Sulla strada del rientro penso a quanto strana è stata questa giornata ed inevitabilmente mi tornano alla memoria tutte le catture “strane” che mi è capitato di fare nel corso di oltre quarant’anni dedicati alla pesca. Per esempio, cosa ne dite di una Savetta di 1,4 Kg, catturata a spinning pescando i Lucci sul fiume Adda a Rivolta sotto una tempesta di neve memorabile, con un rotante Celta N° 6 che, nonostante le dimensioni dell’artificiale, aveva in bocca tutte e 3 le punte dell’ancorina? E di un’Anguilla di 850 g catturata, pescando Lucci e Persici Reali sul lago di Oggiono, con un ondulante Abu Toby da 12 g ? Oppure, cosa ne pensate di una Scardola di 1,2 Kg, catturata con un Rapala affondante snodato di 11 cm, pescando i Lucci sul lago Trasimeno? E di una Carpa di 2,8 Kg catturata, pescando Cavedani sul Senio a Riolo Terme, con un ondulante Ardito di 8 g ? Saranno tutti casi ma, essendosi verificati tutti all’inizio di Gennaio ed essendo ormai tutt’altro che eccezionali, per me sono semplicemente i “pesci della Befana”.