l |
La prima uscita
dell’anno,
almeno
per me, ha sempre un sapore particolare, come se dall’esito di questa
dipendesse l’andamento dell’intera stagione di pesca. Finchè ne ho
avuto la possibilità la mia stagione di pesca si è sempre aperta il primo
Gennaio ed il rito delle pescata di capodanno, magari anche solo di 2 o 3
ore, era di importanza pari, o forse maggiore, a quello del cenone. Ad onor del vero
bisogna dire che non si è mai trattato di pescate favolose ma qualche
pesce, magari anche solo uno, sono sempre riuscito a catturarlo, spesso di
buona taglia, ed in diversi casi mi è capitato di effettuare delle catture
decisamente inusuali. Negli ultimi
anni, a causa dei vari impegni, la pescata di capodanno si è spostata al 6
Gennaio o “dintorni” diventando così la “pescata della Befana”. Anche quest’anno,
per rispettare la tradizione, decido di aprire ufficialmente la mia
stagione con la “pescata della Befana”, sperando in una giornata di bassa
pressione, con cielo nuvoloso e temperatura non troppo rigida.
L’intenzione è di dedicare tutta la mattina allo spinning (a quasi due
mesi dall’acquisto devo ancora provare la nuova canna e testare la
validità di alcuni artificiali mai utilizzati) e le prime ore del
pomeriggio alla mosca. Così, alle 7 di
sabato 8 Gennaio, sono già fuori di casa; la nebbia piuttosto fitta e lo
spesso strato di ghiaccio sul parabrezza dell’auto, purtroppo, cancellano
qualsiasi speranza di cielo nuvoloso e di temperatura mite ma non
intaccano neppure minimamente la mia voglia di andare sul fiume. Con la
massima rapidità carico in macchina tutta l’attrezzatura e parto per S.
Sofia. Quando arrivo
sul fiume sono da poco passate le 8 ed il termometro segna la “mite”
temperatura di – 4,7 °C, l’aria frizzante e pressoché priva di umidità mi
sveglia molto di più del caffè del bar di S. Colombano e mi mette in uno
stato di grande euforia, peccato che i pesci, non disponendo del mio
abbigliamento termico, avranno le funzioni vitali ridotte al minimo.
Indossati i waders di neoprene, monto la canna da spinning e poi …… ho
lasciato il mulinello a casa ! In altre
condizioni mi sarei messo ad imprecare come uno scaricatore di porto ma
oggi no, è la prima uscita dell’anno, troppo importante perché una stupida
dimenticanza possa rovinarmela. Provo a vagliare tutte le possibilità ma
mi rendo conto che, avendo lasciato a casa (volutamente) la scatolina
degli streamers, l’unica possibilità per iniziare a pescare subito è
quella di provare a lanciare i Rapala più piccoli, quelli da 2, 3 e 5 cm,
con la canna da mosca; non sarà il massimo ma, come dicono a S. Piero : “
… in carestia di can, baia la volpa”. Tra l’altro mi rincuora il fatto che
due ex soci del club mi avevano raccontato che in Austria, a Gmunden sul
fiume Traun, avevano visto pescare ( e catturare ) due indigeni che
utilizzavano delle code del 7 con dei Rapala da 7 cm. Nel gilet trovo
un finale conico di 2,70 m con la punta da 0,14 mm da rifare, lo taglio
nel punto in cui il diametro è approssimativamente di 0,16 – 0,18 mm, lo
lego alla coda del 4, la più pesante che mi sono portato, e per finire il
“capolavoro” monto un “rapalino” da 3 cm. Finalmente
scendo al fiume e, su un tratto di riva erbosa al bordo di un orticello,
provo a lanciare; il risultato è penoso ! Non tanto per il peso
dell’artificiale quanto per il fatto che, rispetto agli streamers, il
minnow risulta troppo rigido e compatto per cui, nell’esecuzione dei
“falsi lanci”, provoca dei contraccolpi terribili. Dopo alcuni tentativi,
però, scopro che lasciando pendere fuori dalla canna un metro di coda e
lanciando decisamente in avanti, senza volteggiare, è possibile
raggiungere una distanza sufficiente all’azione di pesca. Sostituisco la
coda del 4 con quella del 2 e la distanza raggiungibile aumenta in misura
considerevole. Dopo qualche
prova di lancio, e la cattura di un bel cavolfiore congelato, mi sento
pronto ad affrontare la mia prima esperienza di “mosking”. Provo a scrutare
la piana su cui mi trovo alla ricerca di un pesce ma non vedo “una coda”,
mi sposto poco più a valle, dove l’acqua è più profonda e tranquilla,
lancio e …….. il Rapala rimbalza due o tre volte sulla superficie
completamente ghiacciata poi, prima di fermarsi, scivola stancamente per
quasi un metro. E’ incredibile !!! A parte le zone di corrente, in testa
ed in coda, tutta la superficie della piana è un’unica lastra di ghiaccio
di 2 o 3 mm di spessore, perfettamente uniforme e trasparente. Mi siedo e
scoppio a ridere come un stupido, per fortuna che, a parte le galline del
pollaio sulla riva opposta ed un cane in un gabbiotto alle mie spalle, nei
dintorni non c’è anima viva! A questo punto
non mi resta che scendere a valle, dove diverse cascatelle formano
altrettante buche abbastanza profonde e sicuramente libere dal ghiaccio.
Provo a sondare tutte le tane e tutti i punti in cui un grosso cavedano
possa essere in agguato ma, a parte un paio di pesci di un ventina di
centimetri che pinneggiano pigramente, sembra di pescare nel “deserto dei
tartari”. Continuando a scendere arrivo dove il canale della centrale
elettrica sfocia nel fiume, qui la quantità d’acqua è decisamente maggiore
e la grande buca immediatamente a valle, oltre ad essere sicuramente ben
popolata di pesci, non mi ha mai tradito. Purtroppo far
“lavorare” degnamente il Rapala recuperando la lenza a mano è “mission
impossible” e tutta una serie di “giochetti” assai attraenti debbono, per
oggi, essere accantonati; verso le 10 , non avendo ancora ottenuto alcun
risultato, sostituisco il piccolo artificiale da 3 cm con quello da 5
confidando che le maggiori dimensioni possano più facilmente scatenare
“l’ira funesta” di almeno uno di quei “testoni” che sicuramente si
annidano sul fondo. Le mie speranze
stanno rapidamente scemando, dopo aver “esplorato” tutta la parte
superiore e quella centrale della buca, senza alcun risultato, si
avvicinano le 11 e sto ormai pescando nella parte terminale, dove solo due
o tre posizioni sembrano interessanti. Una in particolare desta la mia
attenzione, tra la riva leggermente alta ed un grosso masso affiorante si
forma un “canaletto” lungo cinque o sei metri, sufficientemente profondo,
largo un paio di metri e con alcuni massi sul fondo che possono essere
altrettante tane; cerco di vedere il fondo nonostante i fastidiosi
riflessi creati dal sole già alto e, nell’ultimo tratto del canaletto,
dietro ad un masso, mi sembra di intravedere un’ombra scura che potrebbe
essere la sagoma di un pesce piuttosto grosso. Lancio ad un paio di metri
a monte dell’inizio del canaletto, per dar modo al Rapala di affondare di
almeno un metro, ed inizio a recuperare a piccoli scatti quando, dopo
poco, l’artificiale si blocca improvvisamente, ferro istintivamente ma non
succede niente, la sagoma scura è ancora nello stesso posto, almeno due
metri più a valle rispetto a dove si trova il mio artificiale; pensando di
essermi attaccato ad una pietra del fondo allento la tensione della lenza
e provo a liberare l’artificiale con un paio di “colpi di polso” brevi ma
decisi e ……….. il “fondo” inizia a muoversi verso monte, lentamente ma con
una potenza che mi lascia sconcertato. Non capisco a quale specie possa
appartenere il “trattore” all’altro capo della lenza ma è sicuro che è
grosso e non si tratta di un cavedano; in pochi secondi e con la massima
tranquillità (sua) mi ha sfilato quasi dieci metri di coda e si è fermato
verso il centro-buca, in un punto di corrente piuttosto veloce, saldamente
ancorato al fondo e senza dare segni di cedimento. Guardo l’orologio,
segna le 10:57, mi chiedo perché, con tanti posti per lui più favorevoli,
sia andato a piazzarsi proprio lì e sono curioso di scoprire quanto può
resistere. Dopo cinque minuti di orologio la situazione non si è
modificata neppure minimamente, evidentemente si è sistemato dietro ad un
grosso masso, in un punto in cui la corrente deve essere veramente minima
perché, oltre a non “sentirlo” nuotare, non accusa il benché minimo segno
di stanchezza. Decido di lasciare a lui la prossima mossa e, visto che
non ho il guadino, di utilizzare questo momento di tregua per trovare un
posto più comodo dove, eventualmente, poterlo “spiaggiare”. Scendo qualche
metro più a valle, entro in acqua e mi sistemo su una vasta piattaforma
rocciosa dove l’acqua ha una profondità che dai 30-40 cm degrada a non più
di 5. Dal bordo esterno della piattaforma sono perfettamente allineato con
“la bestia” e la trazione che posso esercitare, eliminata l’azione
ammortizzante della corrente sulla coda, risulta evidente più proficua
perché il pesce inizia subito a dare segni di nervosismo, accenna a
dirigersi verso la sponda opposta poi, repentinamente, si porta a
centro-buca, risale lentamente la corrente per un paio di metri poi si
gira e, a tutta velocità, inizia a scendere verso di me. In queste
condizioni mantenere la tensione della lenza è utopia allo stato puro,
recupero con la massima velocità possibile mentre, nel canalone al mio
fianco, vedo sfilare una quindicina di spaventatissime Carpe di taglia
variabile dal chilo scarso ad oltre 3 Kg. E’ chiaro che una di queste deve
essere attaccata al mio artificiale ma non so ancora né quale né in quale
parte del corpo è attaccata. Quando riesco a riportare la coda in tensione
il pesce si è spostato nella buca a valle, accenna ad infilarsi nel
correntone d’uscita ma, per fortuna, ci ripensa immediatamente ed inizia a
risalire per tornare nella buca superiore; finalmente me la vedo passare
quasi sotto i piedi con il Rapala in bocca, è veramente enorme ! La
“giostra” sembra non dover mai terminare ma poi, dopo tre tentativi
falliti, al quarto riesco a farla scivolare in due dita d’acqua, ad
afferrarla e portarla a riva. Venticinque
minuti di “guerra” ed è all’asciutto per la foto di rito. Nonostante sia
piuttosto magra la bilancia segnerà comunque 3,985 Kg, per questi ambienti
si tratta indubbiamente di un “peso massimo”. Dopo una pausa
dedicata ad accontentare lo stomaco desolatamente vuoto ed a rientrare in
possesso del braccio destro, piuttosto provato dalla lunga lotta, visto
che è quasi mezzogiorno e la temperatura ha superato i 10° C decido che è
ora di iniziare a pescare a mosca ma, prima di cambiare il finale, mi
viene la curiosità di vedere cos’è realmente quella sagoma che si continua
a vedere sul fondo a metà del canaletto. Con la massima cautela mi
avvicino alla riva e scopro che tutto il fondo è pieno di Carpe, ce ne
saranno almeno venticinque – trenta di taglia da 1 a 2 – 3 Kg,
letteralmente una sull’altra, alcune stanno grufolando ma la maggior parte
sono semplicemente lì che pinneggiano pigramente. La tentazione di
provare a pescarle è troppo forte, non sono mai riuscito a prendere una
Carpa a mosca e l’occasione mi sembra troppo ghiotta per non provarci. Gli
unici artificiali affondanti a mia disposizione sono un paio di ninfe
montate su amo grub del 16, corpo giallo-crema in polyfloss, torace di 3
giri di filo piombo sottile ricoperto da due herl di pavone ritorte, sacca
alare e zampe realizzate con un’unica piuma del petto di pernice. Ne monto
una su un finale di 4 metri con punta dello 0,14 e, dopo essermi sistemato
un paio di metri a monte dall’inizio del canaletto, mi metto a pescare a
scendere. E’ da non
credere !! In meno di un’ora ne aggancio tre, purtroppo due si slamano
dopo una breve lotta ed una riesce a segarmi il finale, ma anche senza
averne catturata nessuna è stata comunque una bella esperienza. Peccato che poco
prima dell’una, mentre sono intento a ricostruire la punta del finale,
arrivino tre pescatori che si sistemano esattamente di fronte a me
iniziando a pasturare con i bigattini.
La temperatura
ha quasi raggiunto i 14°C per cui decido tornare indietro per tentare
qualche Cavedano a secca. Verso le 15, dopo aver catturato una dozzina di
Cavedani ed essermi semi-congelato i piedi stando in acqua, appagato dal
risultato ottenuto decido di chiudere le “ostilità”. Sulla strada del
rientro penso a quanto strana è stata questa giornata ed inevitabilmente
mi tornano alla memoria tutte le catture “strane” che mi è capitato di
fare nel corso di oltre quarant’anni dedicati alla pesca. Per esempio,
cosa ne dite di una Savetta di 1,4 Kg, catturata a spinning pescando i
Lucci sul fiume Adda a Rivolta sotto una tempesta di neve memorabile, con
un rotante Celta N° 6 che, nonostante le dimensioni dell’artificiale,
aveva in bocca tutte e 3 le punte dell’ancorina? E di un’Anguilla
di 850 g catturata, pescando Lucci e Persici Reali sul lago di Oggiono,
con un ondulante Abu Toby da 12 g ? Oppure, cosa ne
pensate di una Scardola di 1,2 Kg, catturata con un Rapala affondante
snodato di 11 cm, pescando i Lucci sul lago Trasimeno? E di una Carpa
di 2,8 Kg catturata, pescando Cavedani sul Senio a Riolo Terme, con un
ondulante Ardito di 8 g ? Saranno tutti
casi ma, essendosi verificati tutti all’inizio di Gennaio ed essendo ormai
tutt’altro che eccezionali, per me sono semplicemente
i “pesci della
Befana”.
|