Perfezione, evoluzione e selettività

Marco Sportelli

 

 

Le chiamiamo mosche, imitazioni d'insetti. Per noi che siamo abituati a costruirle e vederle sembrano tali, ma viste con l'occhio del profano, ed è un esperimento che ho già fatto, vi garantisco che "si son' carine e simpatiche ma non mi sembra proprio che somiglino agli insetti di quelle foto". Questa risposta, datami a suo tempo da un amico, mi ha aperto gli occhi su una realtà, che per quanto possa sembrare scontata per me non lo era - le cose non sono quelle che sono ma quelle che vediamo. Io ci vedo una mosca, il profano una curiosità e il pesce…ma cosa ci troverà di tanto interessante il pesce? Questa, per me, nuova scoperta mi ha portato a reagire in un modo inaspettato, ho messo da parte le decine e decine d'imitazioni esatte(??) ed ho passato i successivi due anni pescando praticamente con un solo modello di artificiale, e parlo di una Royal Coachman parachute che ben poco assomiglia a qualsiasi cosa di commestibile.

 Mi sono reso conto che, escludendo i sempre più rari casi di pesce attivo su di una schiusa, l'efficacia era straordinaria e cambiando opportunamente taglia, non solo faceva strage in torrente ed acque mosse, ma riusciva a far salire temoli in acque piatte e smaliziate trote nei più battuti No kill. Non che fosse infallibile, ma bastava rinunciare a quel pesce poco propenso e proseguire l'azione di pesca su altre prede per catturare, alla fine della giornata, più di quanto avrei fatto passando buona parte del tempo a sostituire artificiali alla ricerca di quello valido. Unico neo, monotonia e banalità. Catturare in tutti i luoghi e tutto l'anno con la stessa mosca vi posso garantire che è una noia bestiale, la ricerca della giusta imitazione, prima sul morsetto e poi in acqua è una grande regola di questo nostro gioco. Ora sono rinsavito, lascio quella moscaccia ai suoi luoghi d'elezione e sono nuovamente alla ricerca infinita della mosca perfetta. Ognuno insegue questa perfezione in un modo diverso, chi realizzando modellini iper-realistici, chi cercando la giusta tonalità di colore per ogni Specie d'insetto. Qualcuno pensa che la verità stia nell'esatto stadio di sviluppo, ed ecco quindi imitazioni d'emergenti, still born, semi-dun, ed imago prima e dopo l'accoppiamento, qualche altro vede la soluzione nei materiali e c'è chi afferma che l'unico trucco sia la presentazione.

 Casella di testo:

Le trote, per non fare favoritismi, sembrano accontentare tutti, lasciandosi fregare indifferentemente dalla sub-imago maschio di Oligoneuriella Rhenana con tanto di occhi (due), code (tre), zampe (sei) posata con un attento lancio curvo ad evitare dragaggi, quanto da un pezzo di foam nero incollato all'amo e sbattuto alla meno peggio in mezzo all'acqua. Cosa ci veda esattamente la trota nessuno lo sa. Di certo è un essere primitivo, comandato dagli istinti, con un cervello adatto solo a sopperire alle funzioni elementari che sono sopravvivenza e riproduzione. Di fatto, per noi, abituati ad una mente pensante, non è facile comprendere un cervello istintivo. Per cercare di capire le sue reazioni possiamo solo provare a pensare alle nostre di reazioni istintive. Le reazioni istintive sono quelle codificate nel DNA e registrate nella parte più profonda e centrate del nostro cervello, l'Amigdala, posta direttamente a contatto con il midollo spinale. Sono quelle che in migliaia di anni ci hanno fatto arrivare primi al cibo o reagire prontamente davanti ad un pericolo, garantendoci nel contempo la sopravvivenza e quindi la trasmissione di questi geni. Reazioni automatiche che in un lungo periodo critico della preistoria umana hanno rappresentato davvero la differenza fra vita o morte. Sono indipendenti dalla nostra corteccia celebrale, che è quella che ci differenzia dagli altri animali, e quindi, comprensibilmente, le possiamo paragonare a quelle di una trota. Per chiarirvi il concetto vi pongo due esempi:

-      Un fruscio improvviso lungo il sentiero - prima che il vostro cervello cosciente registri l'evento vi siete già bloccati, avete alzato le braccia a protezione del corpo e vi siete girati verso la fonte del suono con tutti i sensi all'erta. Non lo sapete ma nello stesso tempo avete convogliato il sangue agli arti, pronti per la lotta o la fuga, ed i sistemi mnemonici sono stati riorganizzati con precedenza assoluta per fronteggiare l'emergenza.

-      Una pasticceria - guardando la vetrina, pur sapendo che causa dieta ferrea mai entrerete ad acquistare quel ben di Dio, il vostro organismo si è già preparato alla digestione. Ovvero la salivazione aumenta (acquolina in bocca) e si scatenano altre reazioni riflesse che non elenco.

Non possiamo evitare queste reazioni, scattano prima che la mente pensante le percepisca, e lo stesso accade continuamente alla trota: reagisce ad un semplice stimolo, la vista di un insetto, con un'azione elementare, la salita per ghermirlo. Se considerassimo le reazioni del pesce solo come semplici risposte a stimoli codificati in millenni d'evoluzione, la chiave per superare le sue difese sarebbe elementare. La spinta evolutiva è sicuramente stata improntata a massimizzare l'individuazione del cibo da parte del pesce, piuttosto che sulla sua discriminazione. A quei tempi, senza mosche artificiali in giro, era sicuramente meglio inghiottire qualche rametto o seme di pioppo in più piuttosto che rinunciare ad una possibile preda.

I veri pericoli avevano un'altra forma.

 E' sufficiente, quindi, trovare qualcosa che stimoli questi istinti nell'animale. Al posto di imitare pedissequamente un insetto è utile esagerarne alcuni particolari che lo fanno riconoscere al pesce e lo inducono alla presa. Niente di nuovo, è il principio che sfruttano gli artificiali da caccia, gli attractor, certi modelli classici tipo Red Tag od ancora più esplicitamente le bead head.

Purtroppo non è tutto così semplice, un secondo meccanismo interviene a complicarci la vita. L'apprendimento.

E' appurato che anche i nostri istinti primordiali si adattano all'ambiente ed imparano dal vissuto. Se lavoriamo in una pasticceria, non abbiamo l'acquolina in bocca tutto il giorno, se invece abbiamo rischiato la pelle per un sorpasso azzardato, ogniqualvolta lo ripetiamo un nodo allo stomaco ci attanaglia.

Anche il cervello dei pesci è logico che si comporti nello stesso modo, memorizzando brutte esperienze e stimoli esterni codifica nuovi comportamenti elementari atti ad ottimizzare la sopravvivenza in quello specifico habitat. I pesciolini del mio acquario, per esempio, si precipitano sotto alla mangiatoia non appena apro lo stipetto che contiene il mangime, come è risaputo che pesci abituati a cibarsi di determinati insetti reagiscano positivamente nei confronti della sua imitazione, anche quando non sono presenti i naturali in acqua. Posso immaginare, inoltre, che un pesce già punto, o sottoposto ad una forte pressione di pesca, salga con diffidenza a ghermire una mosca, arrivando, come già sicuramente è capitato a tutti d'osservare, a rifiutare anche il naturale.

Il caso limite è rappresentato da alcuni noti tratti No-Kill dove, pesci abitualmente diffidenti come fario e marmorate, sono talmente avvezzi alla presenza dei pescatori da rimanere in attività a pochi metri da noi, ed indifferenti alla nostra azione di pesca, proseguire la loro mattanza d'insetti evitando con grande perizia le nostre migliori imitazioni.

Quanto occorra per acquisire quest'abilità non lo so, ma Fabrizio, tornato da un viaggio di pesca in acque vergini in Mongolia, mi ha confermato che i Temoli, presenti in buon numero in quelle acque, i primi giorni salivano senza remore su mosche oversize e finali dello 0,30, per poi diventare già più selettivi a fine settimana.

Ancora sulla selettività.

Pescando in cava, nella stagione invernale, mi sono sempre stupito della capacità di discriminazione dimostrata da questi animali. Se penso che sono cresciuti in una vasca, nutriti con mangime liquido fino al giorno prima, sarei propenso a crederli disposti ad accettare qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Invece, sarà che escono dalle vasche grassi ed a pancia piena, spesso hanno il coraggio di fare delle bucce alle nostre mosche secche, anche appena mollati.

Riassumendo, possiamo affermare che i pesci sono dominati dagli istinti ma:

- sviluppano abitudini diverse in funzione degli ambienti, acquisendo predilezione per le forme di vita di cui sono soliti cibarsi,

- sottoposti a forte pressione di pesca incrementano la loro selettività,

-a prescindere dalla loro esperienza sono dotati di una soglia di selettività naturale particolarmente evidente in acque lente.

Tutto questo noi sappiamo bene in cosa si traduce: tanti rifiuti e ferrate a vuoto.

Ma dove possiamo intervenire?

Vi propongo tre punti salienti che in un modo o nell'altro saranno in grado di aiutarci in questa sfida.

Primo. La via non è certamente la perfezione imitativa, dobbiamo sempre confrontarci con un amo, che per quanto ci ingegniamo a dissimulare è evidentissimo. Se solo i pesci sapessero che l'amo serve per catturarli ci potremmo dimenticare il nostro sport. Dobbiamo puntare, come già detto, su quei particolari che fanno scattare l'interruttore nel cervello del pesce, facendo al contempo una regolazione sempre più fine laddove la nostra preda abbia più tempo per valutarne i dettagli.

Secondo. Una piccola premessa: con pesce in attività, spesso capita che una mosca che ha catturato un pesce non ci riesca con il successivo. Cambiamo modello ed ecco che riusciamo ad agganciare anche quest'ultimo. Cosa è successo? Avevano forse due aspettative di cibo, o canoni di valutazioni diversi? Mi sono posto questa domanda ed ho compiuto un piccolo esperimento. Invece di cambiare mosca, che è ciò che facciamo abitualmente, ho sostituito quella che aveva catturato con la stessa, come taglia e modello, ma nuova, riscontrando rinnovato interesse da parte del medesimo pesce che pur aveva ignorato svariati passaggi della precedente. Altre volte succede l'esatto contrario, per funzionare, l'artificiale ha bisogno di essere "rodato", ovvero, stenta a partire ma poi migliora le sue performance cattura dopo cattura, fino a quando è completamente distrutto. Nel momento in cui lo sostituiamo con quello nuovo eccolo perdere le sue miracolose capacità.

In entrambi i casi quello che è cambiato è la galleggiabilità della nostra imitazione, o meglio il connubio che si crea tra peli, piume e tensione superficiale e quindi la sua posizione sull'acqua o la capacità di trattenere micro-bollicine.

La posizione di un insetto sull'acqua è di fondamentale importanza ed azzeccare la "mosca giusta" significa proprio trovare l'artificiale che imiti non solo l'insetto che sta sfarfallando ma anche il giusto modo di stare in acqua: sommerso, emergente, nella pellicola, alto sull'acqua, pattinante. Spesso, difatti, durante una schiusa il pesce si concentra solo su di un determinato stadio di sviluppo.

Terzo. Questo punto non migliorerà le nostre percentuali di successo ma sicuramente il nostro equilibrio mentale, difatti può dare una risposta a gran parte dei rifiuti che abbiamo collezionato negli anni ed a tutti quei pesci che, malgrado l'ostinazione, non siamo mai riusciti a far salire. E' un anomalia comportamentale o genetica (studi approfonditi sono ancora in corso) caratteristica dei singoli pesci e riscontrabile molto spesso anche in individui della razza umana.

Sono stronzi!!