Bollate sul Nilo
Marco
Sportelli
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Se da un lato la pesca, e la pesca a mosca in particolare, riempie piacevolmente gran parte della mia giornata, dall’altro ruba spazio ed energie. Se da un lato è una buona compagna che stimola la fantasia durante lunghi viaggi o mi concilia il sonno con il ricordo di luoghi e momenti passati sull’acqua, dall’altro mi distrae dal lavoro e dalla famiglia.
Quando il Muezzin intona il suo canto la città, trafficatissima, popolatissima, rumorosissima in pochi minuti si trasforma: i suoi quindici milioni d’abitanti con la loro accozzaglia di catorci fumosi spariscono, le strade si svuotano, le vie dei quartieri, fino a pochi attimi prima spettatrici di un veloce via vai di veicoli e dominate da rumore di clacson, si trasformano in lunghissime tavolate imbandite d’ogni ben di Dio. E’ l’Iftar il primo pasto della giornata in periodo di Ramadan. Nessuno si astiene dall’evento. (Per inciso: gli islamici non potranno mai essere dei buoni pescatori a mosca. Si perdono troppi "coup de soir".)
Approfittando di questa calma scesa sulla città mi diressi su un grande ponte sul Nilo. Osservai il fiume al tramonto godendomi l’innaturale silenzio e solitudine. Cercai di riordinare le idee analizzando pro e contro di questa decisione: da una parte ci sono soldi, carriera, esperienza di vita, figli un po’ più figli del mondo; dall’altra l’angoscia dello staccarsi dalle proprie radici, il caos e lo smog propri d’ogni megalopoli. Continuai ad osservare il fiume: fluiva lento e silenzioso, ormai avvolto dal crepuscolo incombente. Da lì a poco la città si rianimò. Decisi che quello non era il posto per me: ero lì da più di mezzora e non avevo ancora visto una bollata!
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