Acque senza nome

Marco Sportelli

 

 

 

UnecGacka, Soca, Unec, Traun…; Adige, Piave, Sesia, Natisone, Sangro, Nera, e decine d'altri. Nomi magici. Nomi popolati di storia, racconti, aneddoti, leggenda. Nomi associati nella testa del PaM con particolari personaggi, specifiche schiuse, artificiali dedicati. Sono nomi verso i quali facciamo pellegrinaggi, fiumi che certe persone considerano sacri. Spesso troppi uomini li considerano sacri nello stesso momento.

Ma ci sono altre acque da trota, tanto al Nord quanto, soprattutto, al Sud. Sono i piccoli ruscelli che solcano vallate disabitate ed ancora selvagge. Sono riali che scorrono freddi e chiari, scendendo, sempre scendendo in rapide spumeggianti, piccole cascate, inventandosi il percorso tra le rocce, e poi lentamente in piane, scivolando inevitabilmente dentro affluenti maggiori, dentro ai fiumi - ed anche dentro al nostro cuore, scolpendovi immagini difficilmente dimenticabili.

Quelle dolci immagini, dotate di vita propria, che riemergono autonomamente nei momenti meno attesi. Stupendoci. Ricordi che sbucano nella nostra testa, prepotentemente, imprevisti.Unec

Ne conosco diversi in Romagna, qualcuno in Friuli ed uno in Molise. Certi hanno un nome locale come "Fosso della Pioppa", "Rio del Mulino", non facile da ricordare. Altri neanche quello.

Generalmente non li trovate perché indicati su libri o riviste. Li trovate da soli, sono le linee azzurre più sottili segnate sulle mappe escursionistiche, che seguendole a ritroso sulla carta, come le venature di una foglia, conducono dai corsi d'acqua principali alla loro sorgente. AppenninoPerdo ore sulle cartine ad analizzare in modo sistematico questi piccoli affluenti, immaginarne la fisionomia, pianificare il percorso per raggiungerli, sognare di trovare un giorno intero, un giorno, per risalirli.

In verità a volte il sogno lo ho realizzato, ne ho seguito qualcuno fino alle sorgenti, in posti incontaminati, dove forte è la sensazione di essere gli unici pescatori mai passati da quelle parti.  Sono rimasti come Dio li ha creati, solo roccia e bosco, non incontrerete case, sentieri, passerelle, lattine di Coca-Cola, insomma niente e nessuno a testimoniare che l'uomo esista.

Immergersi nelle limpide pozze, crearsi il varco tra la vegetazione, scalare le piccole cascate o procedere a carponi in sentieri da cinghiali ci fa tornare ai primordi.

Questi momenti "selvaggi" sono miele per l'anima ed i ruscelli senza nome ne sono la sorgente.Appennino

 

Spesso l'acqua è poco profonda e scivola via veloce sulla roccia. Brulica di vita, trotelle, insetti, piccoli animali del bosco; tutti intenti nell’imperativo naturale di mangiare senza essere mangiati. Ma ogni tanto si ferma. Un grosso macigno ne rallenta la corsa, uno strato di roccia più tenace crea una cascata, quell'ammasso di tronchi e radici ha generato una pozza. Ci sono belle trote qui, lo sappiamo. Le profonde tane celano promettenti sorprese, ma occorre capitarci nel momento giusto. Solo nel momento giusto. Per queste acque minori prediligo la mosca secca. Mi piace nella buona stagione risalirli indossando solo gli scarponcini da trekking, sentire la fresca corrente contro le mie gambe mi fa tornare bambino.

Sono universi a parte, piccoli affluente legati al mondo più a valle solo dalla legge di gravità.

Un giorno intero in questi posti solitari e selvaggi equivale a dieci sedute dallo psicanalista: ti fa sentire in pace con il mondo.