Chernobyl ant & Co

Marco sportelli

(già pubblicata su Fly line)

 

 

L’amo  ideale è quello a gambo medio-lungo, con curva larga. Deve essere robusto e nella misura dal 6 al 10. Il filo di montaggio comunemente usato è nero o rosso.

 

Tempo di bilanci. Oltre vent’anni di pesca a mosca, tanta passione, un discreto senso dell’acqua, eppure… non so come spiegarmelo, forse perché prediligo determinate situazioni di pesca, ma ho al mio attivo pochissime catture importanti. Tanti pesci, ma non di taglia, e se capita quello bello è facile che se ne vada con in bocca una mosca legata ad un filo sempre troppo sottile.

Devo ammettere che se da un lato mi soddisfa il piacere che regala ingannare un pesce attivo in superficie, a prescindere dalla taglia, dall’altro nutro molta invidia per gli esemplari over-50 che vedo sempre più spesso esibire in foto.

Passare alla ninfa od allo streamer? Impossibile! Cambiare approccio al fiume? Perché no! Mi è rimasto ancora un po’ d’elasticità mentale.

 

Il foam è il componente principale. Si trova a prezzi folli in tavolette di vari colori e spessori tra il materiale da costruzione, oppure si può reperire a prezzi minimi in negozi di bricolage o di giocattoli. Fate attenzione che sia leggero ed a celle chiuse altrimenti assorbe acqua diventando pesante da lanciare.

 

Forma mentis. Mi sono convinto che per inseguire le grosse prede bisogna partire con la giusta impostazione mentale e, questo non significa necessariamente “pescare sotto”.

Si comincia aggiungendo al dispenser diametri di nylon fino allo 0,20, si procede usando con più convinzione le grosse sedge, si, proprio quelle che sostano inutilizzate da anni nelle nostre fly-box perché riescono ad attorcigliare anche lo 0.16.

Infine si programmano parte delle uscite in luoghi e periodi in cui è ancora possibile assistere a schiuse di grandi insetti. Ad esempio ho realizzato che quelle di mosche di maggio, per quanto rade e sporadiche siano, mantengono sempre alto l’interesse dei pesci di taglia verso le loro imitazioni.

Ma il salto di qualità, il vero passo avanti, è quello d’iniziare a legare realmente al finale un mostro transgenico lungo 5cm quando in giro si vedono volare solo microbi, senza dubitare del proprio stato mentale.

Ecco, solo a questo punto si è sulla giusta via.

Io ci sono riuscito. Poco per volta parte delle mie scatole con chironomi, effimerine e formicuzze è stata sostituita da capaci contenitori pieni di alatissime may fly, inaffondabili sedge, plecotteri da volo intercontinentale ed improbabili imitazioni in foam.

Poco per volta qualche pesce da foto ha cominciato a sostituire la tanta minutaglia.

 

Le zampette sono realizzate con spezzoni d’elastico. Il migliore, per facilità di montaggio e movimento che genera in acqua è quello a profilo piatto (grazie Fabrizio, anzi l’ho quasi finito!).

 

La dieta delle grosse trote. E’ risaputo che oltre una certa taglia la trota tende a diventare ittiofaga ma, non esclusivamente. I grossi pesci hanno bisogno di grosse prede, i grossi pesci però, come quelli piccoli, sono perennemente affamati. Difficilmente si muovono per ghermire una piccola effimera ma è noto come schiuse importanti, magari d’insetti di taglia, le facciano uscire in caccia.

E nei momenti morti che fanno? Non avendo acquisito, come noi, il diritto per nascita di andare al bar a farsi una birra, seppure scommetto gli piacerebbe, nell’attesa del volo notturno di Tricotteri scrutano attentamente il loro territorio in cerca di un ghiotto boccone. Quante volte è capitato di percepire un tonfo o vedere una singola violenta bollata. Sono certo che nella stragrande maggioranza dei casi l’abbia generata un grosso terrestrial.

E che questi insetti abbiano un ruolo fondamentale nella dieta delle trote si evince anche dallo studio sul contenuto stomacale delle Marmorate del  But e pubblicato recentemente da Fly Line. Pensate che pur parlando di un torrente con modesta vegetazione riparia, in due campionamenti su quattro è risultato che come peso secco i coleotteri la facevano da padroni.

Le belle trote hanno sempre le postazioni di caccia migliori e qualsiasi cosa riesca ad attirare la loro attenzione e si differenzi, come forma o comportamento, dagli inerti che trasporta usualmente la corrente suscita il loro doveroso interesse. Non sempre sono prede commestibili. Più di una volta ho visto una grossa trota curiosare indecisa su una foglia colorata o bollare fragorosamente su qualcosa d’inanimato, fino a vederne una (non ridete perché è vero) cercare di ghermire un’arancia. La trota era molto grossa ma dopo due o tre tentativi di azzannarla e portarla sott’acqua ha dovuto rinunciarvi. Ho ripassato mentalmente il contenuto delle mie scatole di mosche escludendo categoricamente di avere un’imitazione di mandarino da legare al finale. Gli presento la mia effimera sul 20? No, meglio evitare, ma se allora avessi avuto a disposizione una grossa Chernobyl, chissà, magari un paio di lanci li avrei tentati!

 

Ritagliate dal foglio di foam una striscia lunga il doppio del gambo dell’amo ed in funzione della taglia  larga da 5 a 10mm. Ricoprite tutto il gambo dell’amo con stretti giri di filo di montaggio. Mettete la strisciolina di foam sopra al gambo lasciandola sporgere 1/3 in avanti e 2/3 verso dietro.

 

Il formicone. La Chernobyl ant è assurda, assurda al punto d’avermi sempre fatto pensare che alle radiazioni non sia stato esposto l’insetto imitato ma il cervello dell’ideatore. Eppure... da anni la vedo far capolino dalle riviste americane; “da anni” significa che non è una moda del momento; “da anni” significa che funziona, tant’è che avevo finito per catalogarla tra gli “Artificiali molto autorevoli. Quelli che potrebbero certamente prendere del pesce, anche se non so di che tipo!”

Da un paio d’anni è sbarcata anche da noi. Dapprima in sordina, poi tra i più aggiornati ed intraprendenti, infine è proliferata a tal punto nelle scatole dei PaM Italiani da poter essere considerata a ragione la mosca dell’anno.

E per funzionare funziona. E’ vero che come tutte le mosche più se ne parla più ci si crede, più ci si crede più viene utilizzata e più viene utilizza più cattura autoalimentando così il suo mito, ma questa qualche vantaggio ce l’ha. Vediamolo.

Resta a galla grazie al peso specifico dei materiali e quindi non dovendo sfruttare la tensione superficiale non richiede ripetuti falsi lanci per essere asciugata. Galleggia sempre.

E’ quasi indistruttibile, perlomeno molto refrattaria agli acuminati denti delle grosse trote.

Utilizza materiali poveri ed è facilissima da costruire. Ovviamente non è la più bella del reame, esistono imitazioni di terrestrial che meravigliano per colori e silhouette, ma la loro costruzione non è che sia difficile, semplicemente per la maggior parte dei passaggi ci vorrebbero tre mani!

Infine. I pesci che sostano tranquilli nel sottoriva sono abituati a veder cadere indifferentemente ragni, coleotteri, bruchi... Qualsiasi grossa creatura che cada accidentalmente in acqua è predata, qualsiasi grossa “cosa” che un loop particolarmente accondiscendente riesca a far penetrare l’intrico della vegetazione subisce la stessa sorte. Non occorrono esercizi di logica aristotelica né complicati sillogismi per la scelta della “cosa”: la variabilità delle prede è talmente elevata che un’imitazione specifica non è giustificata. Basta da sola. La sua sagoma definita e le lunghe zampe la assimilano al ragno-bruco-coleottero medio che la trota può incontrare.

                                

 Con qualche giro di filo di montaggio legate il corpo presso la curva dell’amo. Applicate nello stesso punto un elastico per lato. Stretti dal filo di montaggio contro il foam si disporranno automaticamente ortogonali al gambo dell’amo.

 

Dove usarla. Il sottotitolo è un po’ pretenzioso perché in realtà non ho ancora sondato appieno le sue potenzialità. Nei torrenti di montagna ha dato risultati alterni. Paragonata ad una grossa Royal Coachman parachute in certi posti la surclassava, in altri rendeva evidentemente meno. Sui laghi la apprezza sia la trota sia il grosso diffidente cavedano. Anche le espertissime trote dei laghetti C&R spesso abbandonano la loro diffidenza per aggredirla violentemente.

Su risorgive e grandi fiumi del piano, seppure abbia fatto vittime eccellenti, non mi pronuncio. Non li ho ancora testati a fondo.

Sicuramente mi ha regalato belle soddisfazioni nei fiumi di fondovalle che scorrono in mezzo alla vegetazione. Il Nera è un esempio. Sappiamo che qui riuscire a far sostare un’imitazione nei giri d’acqua, ad infilarla tra le foglie di Farfaro o negli stretti varchi di vegetazione è spesso l’unico modo per far salire la bella trota. Ma quante volte rinunciamo ad un lancio troppo rischioso per paura di perdere la nostra mosca? Questi artificiali banali, sia come materiali sia come impegno costruttivo, ci alleggeriscono il cuore in questa scelta. Perderne qualcuno si traduce in pochi minuti al morsetto e qualche spicciolo per  ami e foam. In più lo 0,20 con cui sono solito legarli oltre che permettere di forzare fuori della tana le trote spesso riesce ad averla vinta anche con la vegetazione.

Altre trote estremamente educate dalla costante pressione di pesca sono quelle del Tevere. Schizzinosissime verso le imitazioni classiche continuano tuttora a cader vittima delle Chernobyl. Qui funzionano sia lanciate sotto la vegetazione, sia presentate al pesce che bolla. Provatela non solo immobile: a volte per eccitare la trota di turno è decisivo animarla a scatti con ripetute rotazioni del cimino.

Quelli sopra sono semplici esempi noti a tutti, ma ovunque sappiate della presenza di grosse trote usatela con convinzione e non mancheranno i risultati.

 

Risalite con il filo fino a qualche mm dall’occhiello e ripetete la stessa operazione, aggiungendo nella parte superiore anche una corta striscia di foam giallo che ne migliora la visibilità in acqua.

 

Il finale. Da quando ho cominciato ad alternare ripetutamente la pesca con piccole imitazioni su pesce in schiusa al sondaggio dei sottoriva con grossi terrestrial e sedge ho trovato molto pratica una piccola modifica al finale.

Premetto che sono passato da quello conico a quello a nodi.

Il finale lo costruisco come il solito con l’unica differenza che arrivato allo 0,20, con l’aiuto di un paio di spilli, creo una piccolissima asola. Lo spezzone di filo residuo, che rimarrebbe inevitabilmente rivolto verso la coda di topo e quindi probabile punto d’aggancio per il terminale, lo indirizzo lateralmente eseguendoci un semplicissimo mezzo collo. Poi lo taglio a raso.

Con un clinch collego all’asola uno spezzone di 0,18 un po’ più lungo del necessario e proseguo nella costruzione del finale. I miei, di solito, passano dallo 0,16 e terminano nuovamente con un’asola sullo 0,14 su cui loop-to-loop alterno i vari terminali.

Al momento di sostituire l’effimerina con il “formicone” devo solo sganciare il clinch dall’asola ed arrotolare i due metri circa di filo, dallo spezzone dello 0,18 alla mosca compresa, attorno alla scatola delle emergenti. Ora annodo al suo posto un metro di 0,20 completo di una bella Chernobyl od una voluminosa sedge. Il tutto richiede un minuto, può essere ripetuto all’infinito ed accorciando automaticamente di oltre un metro il finale quando utilizzo la Chernobyl mi dà quella potenza in più necessaria a forzare l’imitazione la dove deve penetrare.

 

Annodate il filo, togliete l’imitazione dal morsetto, sagomate un poco la testa e la coda e consolidate il tutto con una buona dose di Attack.

In bocca alla trota!