Torrente Alferello

Analisi dettagliata di un micro-torrente Appenninico

(Già pubblicato su Fly Line)

Marco Sportelli

 

 

La pesca a mosca può essere impegnativa, stressante, molto elaborata, qualche volta addirittura artistica. Vado pazzo per quelle difficili risorgive in cui devi avvicinarti con attenzione, celarti basso tra erba e cespugli ed a volte perdere anche un'ora per avere la possibilità, a volte solo una possibilità, di lanciare in maniera proficua la tua imitazione a quella bella fario che bolla sulla sponda opposta. Posti dove devi effettivamente proporgli la più onesta approssimazione di ciò con cui sta facendo lo spuntino; il preciso stadio di sviluppo, la taglia, l'assetto e la silhouette possono essere critici. Posti dove devi pescare lontano e delicato, con un finale lungo e sottile; la tua piccola mosca si deve posare leggera, come un piumino di pioppo. Posti dove devi pensare alla tua posizione ed a quella della trota ed al tragitto della mosca ed al modo di salpare il pesce; se avrai abbastanza abilità d'agganciarlo. E’ pesca di concentrazione, pesca al rallentatore. 

La pesca in un micro-torrente è differente. All’ombra del bosco si lancia in tutte le pozze promettenti, o dove si vede la bollata, si posa la mosca velocemente ed altrettanto velocemente la trota sale a ghermirla. Tutto succede in pochi attimi. E’ più riposo che sfida; è più semplice, più elementare; un paio d'ore felici. L'impegno fisico, il lancio, la posa sulla superficie mossa, la rapida salita, la resistenza improvvisa di qualcosa di vivo all’altro capo della lenza, sono un grande antidoto contro la cerebralità del nostro passatempo. Le trote sono piccole ma spontanee e passare la mattina guardandole assalire grosse Royal Coachman può essere un tonico per un'anima usurata.

L'itinerario che vi propongo è di pochissime pretese, come del resto tutti i torrenti che scendono dal versante Romagnolo dell'Appennino, è forse più la scusa per parlare nuovamente di pesca estrema, in tutti quegli ambienti generalmente considerati inadatti per la mosca. In verità un paio di pregi ce li ha, ed anche un difetto. Il primo pregio, quello che immediatamente salta agli occhi è la bellezza. Morfologicamente è sicuramente il più bel torrente della provincia, completamento diverso dai suoi simili. In un contesto geologico in cui dominano rocce sedimentarie poco consolidate e quindi facilmente erodibili, i nostri torrenti procedono verso valle senza troppo sforzo, tra sassi, ciottoli o lisce spianate. Prevale la vegetazione.

Qui invece è la roccia a farla da padrone. Scorre in tutta la sua parte medio-alta attraverso un costante susseguirsi di enormi massi, alla continua ricerca di un varco verso valle. Non potendo eroderli si accontenta di passarci in mezzo, o spesso al di sotto, generando numerosissime profonde tane che tanto stimolano la fantasia del pescatore. Tane per grosse prede, per le quali era da sempre conosciuto. Tane che ancora regalano qualche rara bella cattura ai "toccaroli" locali che sanno dove cercarle con l'acqua torbida ed il verme. Per noi PaM (anche se ho sempre avuto l'impressione di esserne l'unico esemplare) di trote medio-piccole, ben disposte a salire sulla nostra imitazione, ne rimangono a iosa. Il secondo pregio è la sua dislocazione geografica, si trova vicino all'uscita E45 di Bagno di Romagna ed esattamente qualche km dopo il pubblicizzatissimo Parco Laghi.

Come difetto potrei affermarvi che è piccolo, circondato dalla vegetazione e pieno di ostacoli naturali che ne rendono impegnativa la risalita, ma questi non li reputo tali, così mi limiterò al suo vero problema. Ha la sventura di attraversare Alfero, un paesello di montagna interessato da un qualche flusso turistico estivo. Anche se parliamo di soli 2-300 abitanti, in un piccolo torrente, le conseguenze si fanno sentire, peggiorando, per un breve tratto a valle del paese, le caratteristiche dell'acqua. 

A pesca. Alzarsi prima che tutta la casa si svegli, fare una distratta colazione già pregustando la tranquillità e la solitudine delle prossime ore è un esperienza che ogni tanto mi piace provare, mi rimanda alla mia infanzia, quando ci si alzava prestissimo (chissà perché), mio padre preparava dei pessimi panini frettolosi, condendo il tutto con l'odore pungente di sigaretta, per poi semplicemente andare a pesca di carpe e cavedani a pochi chilometri da casa. L'attrezzatura è già in macchina, dalla sera prima. Guidare a quest'ora è un sogno, non incontro nessuno, i semafori sono lampeggianti. In un attimo la città è già alle mie spalle. Mentre risalgo l'Appennino il cielo cambia gradualmente colore. Il nero non è più nero. Emergono i profili delle montagne. Accelero inconsciamente, nonostante l'ora folle come al solito mi sento dannatamente in ritardo. La pesca a mosca non si pratica di primo mattino, in estate è poco redditizia, ed occorre evitare i piccoli torrenti infrascati. Luoghi comuni tanto radicati per cui non so esattamente cosa sto facendo ora, alle 5,30 di fine Agosto in questo posto da pescatori al tocco… 

Mi piace essere in pesca prima dell'alba, provare sulla pelle il brivido dell'aria fresca, muovermi tra fronde ancora cariche di rugiada. E' fine estate. Sensazioni che non c'è dato provare da mesi. La levataccia però non è fine a se stessa. E' necessità. Per pescare qui proficuamente, a noi PaM occorrono i bassi livelli estivi, che facilitano la salita delle trote e la risalita del torrente, ma anche ombra e temperature moderate da non renderle apatiche. Il sole in queste strette vallate inizia a filtrare tardi, tra gli alberi, ed impiega buona parte della mattina a scaldarne il microclima. Risalgo lentamente alla ricerca dei posti che la trota cercherebbe, dove può avere cibo e riparo. Non ho niente con me. Neppure gli stivali. Abituato ai fiumi del piano, costretto dentro ai wader, con un numero infinito di scatole di mosche, un fastidioso guadino sulla schiena, la macchina fotografica, il cellulare e mille altre corbellerie, ora, mi sento libero e leggero. Indossare gli scarponcini da trekking, saltare di sasso in sasso ed ogni tanto immergersi nell'acqua fresca del torrente sentendola scorrere sulla pelle è infantile. Meravigliosamente infantile. A dir la verità la macchina fotografica c'e l'ho ma è minima. Elementare. Una di quelle che fanno tutto da sole, basta guardare la lucina: se è rosso non viene niente, se è verde c'è da sperare. Oltre ad un rotolo di filo ed una piccola scatola di Royal Coachman Parachute, nelle tasche del giubbotto desolatamente vuoto mi sono portato il kit succhiaveleno e l'inseparabile forbice da potatore, spesso indispensabile a togliermi da situazioni un po' troppo intricate. E la canna, naturalmente. 

La mia teleregolabile autocostruita (vedi dettagli in Riali & Ruscelli F.L. 1-2001) ha tre posizioni comprese dai 5,8", buona per volteggi in posti ristretti, a 8,8" ottima per lunghi lanci a balestra. L'arma letale, il pass-partout che mi rende possibile il pieno godimento, il corretto approccio a questi micro-torrenti, con un efficienza pari se non addirittura superiore ad un pescatore a spinning. Silenzio e solitudine fanno parte dell'esperienza ma anche incontri inattesi, come lo scoiattolo con la sua noce od il cervo sorpreso a mangiare foglie di salice, impreziosiscono la giornata. Le ore sono volate, accompagnate da tante piccole trote e da un bell'esemplare che si è slamato proprio un attimo prima che quella maledetta lucina divenisse verde. Infine un timing perfetto: sono al punto d'uscita che è quasi mezzogiorno. Odio percorrere chilometri di strada sotto al sole per tornare all'auto. Amo invece l'onestà degli abitanti del luogo, puntualmente confermata dalla vista della mia vecchia mountain bike: è ancora lì, dove l'ho lasciata la mattina presto. Sgancio il lucchetto (vale forse più della bici) ed in un attimo sono al parcheggio.

Come si raggiunge. Si lascia l'E45 a Bagno di Romagna e si prende in direzione Alfero/Acquapartita. Chi è già stato al Parco Laghi sappia che la strada è la stessa, ma giunti ad Acquapartita si prosegue per altri 5 km in direzione Alfero. Chi invece, costretto da moglie o figli, passa le ferie in Riviera, sarà contento di sapere che occorre meno di un ora per raggiungerlo. Al paese seguite le indicazioni "Cascata". Soffermatevi sul ponte e guardatelo: la rispettosa distanza cui si limita il paese è figlia di quegli scomodi, enormi massi incombenti che ne popolano l'alveo. Già da qui la voglia di pescarlo si fa sentire, ma sapere che ci sono abbastanza trote da giustificarne l'approccio rende incalzante lo stimolo.

Il torrente. Premetto che gli accessi sono veramente pochi ed occorre programmare sia il punto di entrata sia quello di uscita.

Partiamo da valle. Oltrepassate il ponte e scendete per circa 5km fino alla confluenza con il Para. Nel medesimo punto si uniscono tre torrenti: il Para, affluente di destra, con buona popolazione di trote a partire da qualche chilometro più a monte, un torrentello centrale senza nome e per la verità anche senza trote (quasi) e l'Alferello, affluente di sinistra. Da qui si può risalire pescando fino alla cascata. Questa parte è la meno caratteristica, ha un basso gradiente e vi prevale la vegetazione. I cavedani che d'estate risalgono dal Para ed un paio di grosse frane ne hanno stravolto lo spirito. Le poche trote presenti però sono di taglia e ruspanti. Avvicinandosi alla cascata lo scenario migliora decisamente: inizia a trasparire la sua vera anima. Alla cascata trovate il sentiero che la risale, che è anche l'unico modo per tornare alla strada. Tempo di pesca circa 4/5 ore.

Dalla Cascata ad Alfero. Con una portata decente questo salto d'acqua è un bel colpo d'occhio, ma d'estate l'occhio è attratto solo dalle bagnanti che numerose si accalcano in queste poche decine di metri di torrente. Questo tratto richiede più tempo e cura per la sua esplorazione: aumentano i pesci e si moltiplicano i punti dove insidiarli. Vi consiglio di muovervi lentamente e di sfruttare tutti i nascondigli che vi offre l'ambiente. Le trote, che generalmente sono estremamente sospettose, qui amano starsene intanate. Escono allo scoperto solo in determinati momenti od abbandonano il riparo per ghermire fulmineamente un boccone caduto nei pressi della loro tana. Non pescate solo nel filo della corrente ma cercate di infilare la vostra insidia anche tra le rocce e le probabili tane in acqua ferma. La copertura arborea, la buona ossigenazione ed una temperatura dell'acqua ragionevolmente bassa permettono alle Fario di starsene in acqua lenta anche d'estate. Gli aggettivi per questo tratto sono: bello, bellissimo, entusiasmante. Le trote sono ancora poche ma con taglie anche a sorpresa. Più a monte si sente la presenza del paese, per lo scarico fognario ed un paio di briglie, poi torna entusiasmante. Dopo circa tre ore di pesca si incontra un ponticello che riporta comodamente alla strada asfaltata, non mollate, da qui a salire la popolazione di salmonidi, finora modesta si porta a livelli più che decenti per mantenersi tale fino alle sorgenti. Passato il ponticello il gradiente, già sostenuto, aumenta, seguite sempre la via dell'acqua senza demoralizzarvi: ci sono dei passaggi impegnativi ma non impossibili. Si arriva al ponte della strada principale (quello da cui avete visto il torrente) ed a monte del ponte inizia il paese. I massi se possibile diventano ancora più grossi ed il torrente più ripido ed impegnativo. Impegnativo al punto da accorgersi a malapena delle abitazioni che a debita distanza ci circondano. Proseguite senza esitazione fino la vecchio ponte di pietra. Per oggi mi sembra già una bella scarpinata. Il dolore a certi muscoli che ci eravamo dimenticati di avere ci rammenta che abbiamo fatto un esercizio fisico prolungato e completo. Sopra al sasso - sotto al ramo - sopra al ramo - sotto al sasso: meglio dell'Aerobica. Tempo di pesca circa 5/6 ore

Da Alfero alla Sorgente sulfurea. Ripartendo dal ponte di pietra l'impegno fisico per la risalita vi continuerà a stimolare e le mille tane vi lasceranno costantemente nell'imbarazzo della scelta. Ad ogni pozza che mi affaccio mi assale sempre lo stesso dubbio: "Dove sarà la più bella?". Non sono certo posti che lasciano spazio a due catture. La sorgente sulfurea si individua facilmente, "a naso", è proprio sul bordo del torrente. L’acqua la potete bere, sembra che a qualcosa faccia anche bene. Ma vi renderete conto di essere nei pressi già da qualche buca prima: l'esponenziale aumento di catture di Fario del tipo siamo-tutte-quì-perché-è-qui-che-ci-buttano è dovuto ad un comodissimo accesso stradale che ne rende elementare l'immissione. Meglio lasciar stare e passar oltre. Tempo di pesca: 4/5 ore intense e produttive.

Dalla Sorgente sulfurea a risalire.  Prendendo da Alfero in direzione Monte Fumaiolo, la Strada Provinciale attraversa nuovamente l’Alferello ed immediatamente dopo il ponte una stradina sulla destra lo risale. All'altezza della sorgente sulfurea corrisponde un area pic-nic. Parcheggiate e cominciate a risalire. Dopo 200 metri cambia scenario: la stradina se ne va e vi ritrovate nuovamente soli in mezzo al bosco, il torrente perde l'acqua dei due fossi che trovate sulla vostra destra (entrambi portano trote) ed il pesce d’immissione sparisce, lasciando spazio ad animali più selvatici. E’ piccolo, veramente piccolo. Sensazione ulteriormente accentuata dal confronto con gli enormi megaliti di roccia che lo popolano. Ogni roccia che superate ne cela un’altra più grande ed ancora più in alto. Ogni anfratto, ogni specchio di acqua calma cela una sorpresa.

La ricompensa? Sono le trote nere. Non sono scure, sono proprio nere, magre, con la testa grossa ed una larga macchia opercolare. Non so da dove vengano o per quale strano adattamento genetico assumano questa colorazione, ma ogni volta che me ne capita una non posso fare a meno di stupirmi. Continuando a risalirlo s'incontrano due ponticelli, il secondo dei quali segna la fine del percorso. Nei successivi dieci chilometri, fino alle sorgenti, esiste un divieto permanente di pesca. Tempo di pesca 6/7 ore

Due parole sugli affluenti lasciati più a valle. Sono veramente minimi, roba da appassionati, proseguono per chilometri nel buio del bosco ed avendo la costanza di risalirli celano sorprese inaspettate. Trovare in questi rigagnoli Fario oltre i 25cm mi fa fantasticare sulla taglia che potrebbero tranquillamente raggiungere quelle del ramo principale, se solo gli lasciassero il tempo di crescere. 

La TAC dell'Alferello è completata. La diagnosi è incoraggiante: sostanzialmente integro, molte trotelle ma rari pesci oltre i 30 cm. La prognosi invece potrebbe essere: regolamento No Kill, per un buon tratto, il prima possibile.

Se lo volete provare, una pescata mordi e fuggi, vi consiglio il cuore, la parte centrale. Da Alfero scendete per un chilometro verso valle, in direzione la Cascata, ed imboccate la prima stradina che scendendo sulla sinistra attraversa il torrente. Risalite da qui fino al ponte di pietra del paese. E’ relativamente grande, ben popolato e sicuramente spettacolare.

Pescate senza fretta, godetevi la calma e la solitudine che sanno regalare questi luoghi, lasciatevi stimolare dalla curiosità "della prossima buca" e non temete d'incontrare altri pescatore. Pochi lo frequentano d'estate. Neanch'io!

Con decine di torrentelli da scoprire, passo dopo passo, di cui oltre 95 km a regolamento "No Kill " nella sola provincia di Forlì e Cesena, non credo che il prossimo anno avrò molto tempo da dedicare nuovamente a questo.