Il Piave a Belluno

Fabrizio Turroni

 

 

Ognuno di noi è legato, per ricordi ed emozioni, ad alcuni fiumi più che ad altri. Uno dei miei è il Piave. Su questo fiume ho effettuato le mie prime uscite di pesca a mosca fuori regione, scoprendo un mondo che non conoscevo e che ha finito con l’occupare una grande parte dei miei pensieri. Lo vidi per la prima volta a Belluno, nel ’93 0 ’94, anno in cui fu istituito, credo, il tratto No Kill cittadino. Fino ad allora la pesca alla trota per me significava piccoli torrenti romagnoli pescati a spinning per molti anni e, da alcuni mesi, a mosca. Torrenti non troppo ricchi di cibo per le piccole, spesso bellissime, trote e per i vaironi. Torrenti che amo e frequento tuttora. Affacciarmi su un fiume vero, con una portata d’acqua tanto maggiore, chinarmi a rovesciar ciottoli nell’acqua presso le sponde e veder fuggire una quantità di insetti ed avannotti fino ad allora neppure immaginata, pescare su pesce in bollata costante, fu per me una rivelazione. Sono tornato più volte ogni anno ed i ricordi di tante emozioni sono andati ad aggiungersi a quelli iniziali. In questo fiume ho preso le mie due più belle trote a mosca secca, o meglio: una presa ed una persa (la più grossa, ovviamente), dopo una lotta emozionante. La prima, una marmorata di 64 cm. che bollava in acqua non più alta di una spanna su grosse dun (credo di rithrogena). Mi ricordo con sorprendente nitidezza l’avvicinamento, l’ombra scura che si sposta un po’ verso il centro del fiume, il timore di averla messa in allarme, il lancio e la bollata delicata, quasi impercettibile nella correntina increspata. La seconda, un paio d’anni fa, sotto il pieno sole d’agosto, in uno di quei momenti in cui giri su ed giù con il moscone da caccia nell’anellino ferma mosca, con la maglietta appiccicata alla pelle dal sudore, in cerca di un segnale di vita. In quei momenti provo sempre un punto del fiume in cui so esserci le marmorate più belle (quelle che non salgono “mai”… quasi); un punto che non vi rivelerò per non rovinarvi il piacere e l’emozione di scoprirlo da soli…Insomma, avevo sondato questa fatidica zona quasi per intero, centimetro per centimetro ed ero agli ultimi lanci in un correntone sostenuto in cui mai avevo visto un pesce. La mosca che osservavo scendere la corrente era una stimulator verde su amo dieci che in altri fiumi ritengo una delle esche “principe”, ma che in Piave equivale, almeno per il sottoscritto, all’ultima risorsa, alla mosca della disperazione. Quindi ero alla fine di tutto: finita la zona delle marmoratone, finite le mosche “plausibili”, finita la speranza di veder pesci. Dapprima la presi per un riflesso, un gioco di luci ed ombre della corrente, poi vidi distintamente la sagoma di una marmorata che stimai intorno ai settanta centimetri (lo so che questi pesci non salgono sulla secca, d’altronde c’è chi dice di aver visto i marziani e a volte gli credono) salire con una lentezza ed una compostezza di cui, data la violenza della corrente, non riuscivo a capacitarmi, rimanere in sospensione un paio di secondi sotto la superficie in attesa che il flusso gli portasse la mosca esattamente sulle labbra; poi vidi una piccola deformazione della superficie, quasi un risucchio, e la sagoma inabissarsi rapidamemnte. L’inebetimento durò circa un secondo, mi ripresi non appena il pesce scomparve alla vista e ferrai. Sulle prime il pesce non si agitò un granché, tenne semplicemente il fondo dando alcune forti testate, immagino si domandasse da cosa provenisse quel fastidio, poi deve aver realizzato la situazione perché è partita verso valle ed io la seguivo zampettando sui sassi, tutto intento a non far salire la tensione laggiù, dove c’era circa un metro di sottile, troppo sottile, zeroquindici (di solito quando monto lo stimulator passo al diciotto: la pigrizia mi prende solo nei giorni in cui sono disposti a salire pesci da settanta). Ci riducemmo in fondo alla lama, in una situazione di stallo: la trota dall’altra parte, fra grosse rocce ed io di qua, timoroso che decidesse di buttarsi nella buca sottostante. Poi, senza ulteriori trazioni o fughe ci fu quel “simpatico” allentamento della tensione di lenza che tutti conosciamo. Recuperai la coda, il finale, lo zeroquindici, ma non lo stimulator. Chi ha pescato marmorate sa che quando raggiungono certe dimensioni hanno ormai sviluppato denti cui un filo così sottile difficilmente resisterà a lungo.

 

Il Piave a Belluno ha dimensioni perfette per la pesca a mosca. Si pesca spesso entro la normale distanza di lancio, fra i 6 ed i 15 metri, ma ci sono anche punti in cui devi lanciare abbastanza al limite ed in cui per catturare devono concorrere alcuni fattori: un lancio lungo ben eseguito, l’assenza di vento o quanto meno  una leggera brezza da monte verso valle e la mosca giusta perché peschi su pesce smaliziato. La taglia media delle trote è piuttosto elevata (pesci fra i quaranta ed i cinquanta non sono infrequenti). Ci sono molte fario, una quantità minore di marmorate e molti ibridi, nonché alcune iridee over size. Una volta c’era anche una buona popolazione di temoli, poi quasi scomparsi, anche se nelle ultime due stagioni hanno mostrato una leggera ripresa. Ricordo che il primo anno si prendevano anche alcuni salmerini di fontana, certamente immessi per l’occasione e di cui non ho più preso, né visto prendere un pezzo; d’altronde non è il loro ambiente. Un difetto di questo NK è di esser lungo solo un chilometro ed un altro difetto è che è un tratto cittadino, con quel che ne consegue. Quando non c’è disturbo io quasi non mi accorgo di essere in città, ma in estate puoi incontrare qualche bagnante. Sulla murata che costeggia parte del tratto a volte c’è gente che passeggia e normalmente si limita a guardare; altre volte ci sono soggetti più “invasivi”. Ricordo in particolare un giorno in cui sul suddetto muro sono arrivati dei ragazzi con uno stereo portatile; le casse erano grandi come il baule della mia macchina e per tutto il pomeriggio hanno ascoltato e ballato una musica tutta percussioni  stile bassifondi di metropoli USA. Il buon Signore ha creato le mosche, le zecche, le zanzare e tanti altri esserini di cui mi sfugge l’utilità; ho annoverato il “rapper da fiume “ fra questi.