Bosnia 2003

Una, Unac, klokot, tre fiumi della Bosnia occidentale con acqua pura, tanti insetti e qualche controindicazione.

(già pubblicato su Fly Line)

Sportelli Marco

 

 

May Fly sul Klokot

Nel tardo pomeriggio sedetti su delle radici ricoperte di muschio e licheni a riposare. L’aria era un misto di tepore del sole e fresco del vento, tolsi gli occhiali e mentre sbucciavo un’arancia guardai Sandro pescare: prese tre trote, piccole, e poi…poi un dolce torpore mi fece tornare a vent'anni.

Pescatore a mosca in erba leggevo su “Pescare”, l’unica rivista reperibile in quel periodo, le avventure di Lumini che a bordo di un camper si spostava da un fiume all’altro del sud Yugoslavia. In un periodo in cui le uscite le valutavo ad ore, quelle settimane intere di pesca erano per me un mito. Irrealizzabile, superiore alle più ardite fantasie. Cominciai tuttavia a sognare di questa Sangri-Là, i cui Dei, limpidi e selvaggi, avevano nomi esotici: Buna, Neretva, Una, Pliva, Korana…e di quegli uomini avventurosi che avevano il sacro compito e la fortuna di esplorarlo. Non so che viso avesse Marco Polo ma da allora me lo sono sempre immaginato con barba, wader ed un berretto di feltro.           I pochi soldi, la carica ormonale tipica di quell’età, la mancanza di compagni di pesca disposti a simili avventure, ed in seguito la guerra, furono tutti validi motivi per impedirmi la realizzazione di questo desiderio giovanile.            In verità, durante un lungo tour sulla costa Dalmata, rubai un paio di giorni al mare per questi fiumi così affascinanti, ma anche se mezze giornate di pesca, con la morosa al seguito, non sono proprio quello che si dice “un’avventura”, certe immagini, come le strane trote che popolavano allora il Buna, persistono ancora.

Quando mi ridestai ero rimasto solo.         Una leggera foschia si sollevava dall'acqua. Una coppia di pipistrelli sfrecciava attraverso il cielo grigio. Eccetto il costante scorrere dell'acqua non c’erano rumori. Mi rialzai, con calma, vedendo in lontananza già le prime bollate. Erano le lente, sostanziose bollate di grossi pesci. Dopo un paio di rifiuti agganciai una bella iridea. L’ennesima.         La sensazione di essere arrivato troppo tardi mi ha perseguitato fin dal primo momento.          I fiumi sono ancora selvaggi, ma la gestione è velocemente diventata commerciale. Le acque sono sfruttate intensamente e ripopolate con materiale adulto per incentivare il turismo. Il mio sogno giovanile, che prevedeva fiumi vergini, ricchi di pesci, che scorrono in vallate disabitate, od i cui pochi abitanti non sono sufficientemente evoluti per catturarli con la lenza, rimane una chimera.         L’itinerario che vi propongo è economico ed assolutamente tranquillo. I tratti di pesca sono frequentati ogni anno da decine di pescatori, i locali sono allegri e passano il loro tempo libero ad arrostire pecore infilzate in un lunghissimo spiedo di legno, gli insetti, vero termometro della pesca a mosca, sono numerosissimi, ma se posso influenzare le vostre decisioni questa è una meta che non vi consiglio. Ecco i dettagli. 

Klokot: a valle della passerellaKlokot. 28-05-03       Dopo un’ora di quel tipo di pesca che ci ricorda che non siamo così bravi come pensiamo aggancio la prima trotella. Difficilmente il pesce che avevo in mente, ma chiaramente un miglioramento rispetto al nulla finora catturato, e poi, come se l'acqua fosse pronta per buttare la pasta, tutti i pesci di cui non avrei mai sospettato la presenza si mettono in attività contemporaneamente. Ci sono tanti insetti sull'acqua che potrei catturare anche con un mozzicone di sigaretta: Mosche di Maggio.        La parola magica.           Quella che in ultima analisi mi ha convinto ad intraprendere questo lungo viaggio.          Il Klokot è un fiume di risorgiva, il primo impatto è sconcertante.           Fuoriesce da una grotta, percorre un breve tratto torrentizio per poi formare una grande pozza d'acqua lenta.          A destra il fabbricato dell'acquedotto. A sinistra il chiosco dei panini. In acqua una quantità di pesce (fario ed iridee di vari chilogrammi). Tutt'attorno PaM Tedeschi, Austriaci e Polacchi che, utilizzando streamer e ninfe piombate, si dedicano diligentemente alla cattura dei suddetti mostri.         Se non fosse per l'acqua, assolutamente potabile, sembrerebbe il classico laghetto a pagamento, la Domenica mattina.          Non spaventatevi, lasciategli il "laghetto", attraversate il ponticello e guardate verso valle: il vero Klokot inizia da qui, ed è tutto per voi.         Il tratto riservato alla sola mosca prosegue a valle per altri due chilometri. L'accesso in acqua è praticamente impossibile ed anche dove capita di pensare il contrario l'acqua limpidissima è più profonda di quel che sembra. Tutto ciò che vi serve sono degli scarponcini da trekking, un guadino a manico lungo, la scatola delle mosche di Maggio ed una 9", meglio se per coda 5 o 6. Le sponde sono parzialmente alberate ed in alcuni  punti abbastanza ripide ed alte. Piccole piattaforme di legno, dislocate lungo il percorso, agevolano l’approccio al fiume. I rari erbai ed il flusso lento ed uniforme rendono le trote sospettose ma di contro minimizzano il dragaggio. Continuando verso valle, dopo un chilometro, le sponde si abbassano ma il fiume si allarga, la velocità dell’acqua si riduce ulteriormente ed i pesci diminuiscono,  rendendo la pesca meno produttiva.Gigi con una Fario del Klokot

La lunga, costante schiusa è quasi terminata. Montare una May fly di mattina e toglierla a sera continuando a catturare fario appostate nei sottoriva ed iridee che salgono in verticale da oltre due metri di profondità è un’esperienza che mi mancava. Guardando verso monte, rare, delicate bollate rompono ancora la superficie. Ultimi avanzi. Postumi di un lauto banchetto. Risalgo lentamente memorizzando questi ultimi ritardatari. Nei pressi dell’altra sponda un’ombra scura attrae la mia attenzione. Troppo grande perché sia un pesce, ma d’alghe complete di bocca, che si apre ad intervalli regolari, non ne ho mai viste. E’piazzata tra la sponda opposta ed un erbaio dal quale è parzialmente mascherata. Uno spettacolo solo a guardarla: all’apparenza immobile, ondeggia lentamente intercettando ninfe trasportate dalla corrente. La osservo senza fretta. Al passaggio di una grossa Danica freme appena. E' palese che non bolli ma prima di passare alla ninfa un lancio con la secca non si rifiuta a nessuno.         Succede l’improbabile. Appena la mia mosca cade nei paraggi (troppo nei paraggi) il mostro alza la testa, si fa sollevare lentamente dal flusso ed il suo muso buca la superficie dell’acqua con le mandibole già aperte. Mi costringo a non ferrare fino a quando  lo vedo tornare verso il basso. Qualche giornata di pesca alle trote del Piave mi avevano già insegnato l’importanza di dare a questi grossi pesci il tempo di richiudere la bocca. Tempi e ritmi diversi rispetto alle trotelle cui sono abituato. Aspettare. Attendere che chiuda la bocca e torni in posizione”. Dopo qualche ferrata a vuoto, questa nozione, riportata in tutti i sacri testi di pesca, mi era velocemente tornata in mente.         Ce l’ho! E’ incredibile ma si è mossa per ghermire questa piccola preda ed ora è sbalordita quanto me. Cerco di muoverla dalla sua posizione, lei s’incaz… si adira, parte verso monte incrocia un ramo sommerso e lo 0,18, a cui avevo legato la mia mosca, se ne va come fosse cotone. Un’emozione troppo breve, ma intensissima.        Per sdrammatizzare penso ad una trota vanitosa. Evidentemente la mania del piercing sulla lingua  si è diffusa anche nei Balcani e lei non ha voluto perdere l’occasione per avere il suo, gratis per giunta!

Fario del KlokotE’ sera. Tutti gli spinner, obbedendo ad un inderogabile istinto naturale, si sono riuniti vicino alla sorgente per la deposizione. I cadaveri, scendendo con la corrente, ora giacciono immobili, a migliaia, sulla superficie del "laghetto". La pesca non è terminata. L'acqua è letteralmente ricoperta di spent, le trote ormai sazie ne fanno un consumo moderato e lanciare la mia imitazione tra tanta concorrenza mi sembra ridicolo.        Torno verso valle dove questo drift, qui più diluito, sarà in grado di sollevare nuovamente i pesci dal fondo regalando bollate fino a notte fonda.

Il Klokot è troppo profondo, l’acqua è troppo limpida e pura, l’accesso è troppo comodo e per giunta la vostra auto invece di poterla parcheggiare in un punto isolato ed in balia dei malintenzionati siete costretti a lasciarla all’ombra dei Pioppi sotto l’occhio vigile del guardiapesca, i pesci sono in gran parte di ripopolamento, sono troppi e troppo grossi, il regolamento è troppo restrittivo permettendo solo la pesca a mosca ed il prelievo di un solo capo con misure minime elevatissime, le mosche di Maggio sono infestanti e pescare tutto il giorno con la loro imitazione su pesci che bollano è veramente noioso. Ve lo sconsiglio

Le vasche dell'UnaUna.    Ci sono molti interessi legati alla PAM: entomologia, costruzione, montaggio canne, leggere l'acqua … ma contano poco se non sai lanciare. E' l'abilità fondamentale.          L’Una è un fiume del piano, il pesce staziona anche a diversi metri da te e se non ci arrivi con la tua mosca sicuramente non lo prendi. Ora che bolla poco oltre la mia portata rimpiango di aver perso tempo, in gioventù, frequentando le spiagge di Rimini invece di un Corso TLT.        Basterebbe osare un po' di più, proseguire su questa stretta cengia sommersa. Mi manca il coraggio. Non so neppure nuotare.         Quando, appena bambino, partivo con la mia cannina da pesca mia madre, con una contraddizione di termini, era solita raccomandarsi in questo modo: Se t'ven a ca' che tat ci afughe a t'amaz ad boti! (Se torni a casa che ti sei affogato ti ammazzo di botte!)         Sono nato e cresciuto vicino al fiume, ho lavorato per anni in mezzo all’Adriatico, ma non ho mai imparato.        Il sano terrore infantile inculcatomi da mia madre è valso più di tutto questo.

Il colpo d’occhio è straordinario. Guardando dall’alto le sue lunghe, limpidissime piane, immerse tra la vegetazione, la mente corre subito a prede  da sogno. Solo avvicinandosi alle rive con la nostra canna da mosca ci si rende conto di essere fuori luogo. Il fiume non è guadabile; le piane sono immense, profonde e dispersive. Risalendo da Kulen Vakuf  verso Martin Brod la situazione migliora parzialmente, aumenta il gradiente ed i raschi con acqua bassa e veloce sono più frequenti. Nonostante lo spettacolo dei posti e le schiuse intense di sedge e mosche di Maggio la pesca è poco produttiva, continua ad essere dispersivo ma soprattutto il poco pesce presente è bersagliato da pescatori locali, tutt'altro che sprovveduti.         Ma l'Una a Martin Brod è totalmente differente. Una: alla passerella di Martin BrodA monte del paese scorre in una gola calcarea inaccessibile e ne fuoriesce soggetto ad un fenomeno spettacolare: lo stesso che si verifica a Plitvice.  Per una strana combinazione chimica le sue acque depositano grandi quantità di carbonati che legandosi con sabbie ciottoli e rami generano velocemente dighe semicircolari, formando cascate, terrazze e pozze in rapida evoluzione. Gli alberi che crescono ai bordi del fiume sono coinvolti ed inglobati in questo procedere, generando l'effetto di una foresta allagata. L'apporto dell'acqua dell'Unac rompe questo sottile equilibrio interrompendo il fenomeno. Dalla confluenza con l'Unac, risalendo fino alla passerella del paese è possibile, con qualche peripezia, accedere in più punti, avventurarsi sopra queste strette dighe e pescare immersi in uno scenario esaltante.

Sono qui ora. Le grandi perle si tuffano a decine in queste grandi vasche d’acqua calma, ed i pesci, che ne seguono il movimento sotto il pelo dell'acqua, si esibiscono in salti spettacolari afferrandole al volo o sfrecciano velocissimi a ghermire la malcapitata che si attarda in acqua. Non ho nessun’imitazione specifica, in vita mia ne avevo viste volare forse un paio e mai e poi mai credevo ci si potesse pescare. Per fortuna le trote sono di bocca buona e ghermiscono anche queste sedge "ciccione" in pelo di cervo che batto violentemente sulla superficie. Peccato la taglia, sono fario ed iridee bellissime come livrea ma la taglia è da torrente appenninico. Solo ora mi accorgo che passo dopo passo ho raggiunto il centro del fiume. Rinuncio ai pesci fuori tiro e con apprensione guadagno la riva.

Lo spettacolo dell'Una è straordinario ma risalirlo tra la foresta sommersa è difficile ed inoltrarsi su questi stretti lembi di roccia circondati da pozze profonde è pericoloso.         I pesci sono numerosi ma di taglia modesta ed assalgono senza remora grosse mosche. C'è qualche temolo. Le imitazioni di Grande Perla sicuramente latitano anche nella vostra scatola e mettersi al morsetto per fare dei "mostri" che non saprete se mai più utilizzerete non vale la pena.          Se decidete di inoltrarvi in questo labirinto non pensate a me, io ve lo sconsiglio ufficialmente. Evitatelo

Iredea dell'Unac Unac. 29/05/03  "Lipljen?" A questa domanda il guardapesca mi sorride e mi risponde nell'unica lingua che conosce, la sua.        "Dole, Unac" sono le uniche parole che capisco, ma unite ai gesti con cui le accompagna sono sufficienti a superare la barriera linguistica. I temoli "sono giù, nella parte bassa dell'Unac" mi sta dicendo ed aggiunge "ninf". Ringrazio per l'informazione e me ne vado sorridendo, perché sono convinto che, se ci sono, saliranno anche sulla secca. Scenderlo fino alla confluenza con l'Una è una piacevole passeggiata tra prati e bosco, risalirlo pescando si dimostra un problema: anche a filo di sponda l'acqua è alla cintola e la corrente sostenuta.

In quarant'anni di vita è stato un piacere fare  tanti tipi di cose pazze e sconsiderate anche se poche sono sopravvissute alle loro controindicazioni. Solo due hanno sempre meritato di essere fatte: una non si fa abitualmente all’aperto, perlomeno non in inverno. L’altra è lo scoprire passo dopo passo nuovi fiumi.        Mi piace la confortevole sensazione di pescare un tratto d’acqua che ho già battuto tante volte. E' in questi posti che raggiungiamo l'eccellenza, conosciamo gli insetti che lo popolano, sappiamo a memoria dove sono i pesci ed il modo più efficace di presentargli l'imitazione.         E' serenità e certezza.           Il piacere di pescare nuove acque, posti lontani è speciale, è l'avventura, è la curiosità, è l'inatteso scenario che ci aspetta dietro la prossima curva, è quel qualcosa che pervade i nostri sogni prima della partenza.          E’ eccitazione e scoperta.Unac

Risalgo cercando di posare la mia mosca in tutti quei posti dove immagino un temolo, ma le trote, che bollano e ghermiscono indesiderate la mia insidia, sono le uniche prede.         Ora però li vedo. Uno molto grosso gira vicinissimo ai miei stivali, altri, di poco più piccoli, sostano in formazione sparsa ai bordi della corrente. L'eccitazione sale ma, né le classiche da temolo, né la sedge che ha funzionato fin'ora con le trote sembrano minimamente interessarli.             Rinuncio e torno nel tardo pomeriggio. I tricotteri scorazzano sulla superficie, Grandi Perle si tuffano violentemente in acqua, l'attività a galla delle trote è intensa. Li osservo a lungo sperando di vederli bollare su tutto questo ben di Dio. Inutilmente. Ricomincio a lanciare con gli stessi risultati della mattina, a parte un temolotto catturato casualmente. 

30/05/03 Oggi c'è il sole. Ho dedicato buona parte della mattina a catturare le grosse trote seminate sopra il ponte di Martin Brod. Torno verso valle dai "miei" temoli che è quasi mezzogiorno. Il sole a picco e le bollate sporadiche promettono poco di buono, così evito di tornare nelle piane di ieri e decido l’esplorazione di una grossa buca.           Risalgo il fine-buca passo dopo passo e ne individuo anche qui un branco saldamente ancorato al fondo. Al secondo passaggio il pesce più a valle accenna una salita, senza seguito, cosi, memore di essere stato schernito la sera precedente dai miei compagni di pesca, decido di prostituirmi alla ninfa. Non sono capace; non mi piace; forse non sono capace perché non mi piace. Lego 60cm di nylon alla curva dell'amo della sedge e gli appendUnac: sopra il ponte di Martin Brodo sotto una piccola "cosa" molto piombata. Alla seconda passata vedo la sedge immergersi ed il primo è già in canna, non è grosso, probabilmente 40cm, ma vedendolo contorcersi dimostra dei colori verdastri stupefacenti. Si slama spaventando tutti i suoi fratelli. Cercando nuovamente il branco individuo invece un esemplare solitario. È molto vicino a me, ad almeno un metro e mezzo di profondità. Riesco a scorgere chiaramente i bagliori delle perle azzurre che ornano la sua pinna dorsale. Un esemplare stupendo. Allungo lo spezzone della ninfa e ci riprovo. Lo vedo scartare lateralmente e ferro d'istinto.             Ce l'ho, lo sento muoversi lento e pesante alla fine della mia lenza. Mantenendo una tensione costante sul pesce mi guardo attorno cercando una zona d'acqua tranquilla dove salparlo. A monte la buca profonda, a valle, da sponda a sponda, la corrente costante del fine buca, che poi si trasforma in raschio veloce fino alla piana successiva. Posso solo rimanere dove sono.Il temolo non è reputato un combattente ma quando raggiunge questa taglia dice la sua … e lui conosce tutti i trucchi. Invece di entrare nell'acqua profonda si mette in corrente ed almeno un paio di volte raggiunge il limite del raschio. Vale la pena rischiare un bagno per inseguirlo fino alla piana successiva? L'insana risposta è si. Voglio una foto a tutti i costi. Fortunatamente dopo diverse fughe si arrende. Esce con la testa dall'acqua ma ora mi rendo conto che il peso del pesce e l'intensità della corrente sono da soli sufficienti ad impedirmi di portarlo sotto di me. La mia agognata preda è lessa, due metri a valle della mia posizione, ma io non posso gradinarlo, posso solo osservarlo. E' un pesce bellissimo, lo stimo oltre i 50 cm, ha una livrea dorata con colori molto intensi ma non verdastri come il precedente. E' alto e grosso, come gran parte dei pesci che raggiungono questa taglia. Sono in stallo. Mi giro e vedo un Cecoslovacco che sta assistendo alla scena. Gli chiedo aiuto e lui intuita la mia difficoltà abbandona la pesca e si dirige in wading verso il pesce immobile. Sono certo ormai della cattura e sto già pensando alla foto che potrei farmi scattare da questo provvidenziale soccorritore quando, alla  vista del guadino il pesce si gira per l'ultima volta e riesce a slamarsi. Non ci posso credere, maledico gli ami senza ardiglione che sono solito utilizzare e smetto di pescare.            Ancora oggi se rivivo la scena mi viene una fitta al fegato. Il "ceco"poi, rivelandosi un pescatore a ninfa ben migliore di me, riuscirà in un’oretta a catturarne un paio poco sotto i 50cm.Unac: vicino alla confluenza con Una

L'Unac è un torrentone di fondo valle, la portata è sostenuta e l'acqua è gelida. Rimasto chiuso alla pesca per anni ora è accessibile solo pescando a mosca e con un regolamento molto restrittivo. Il tratto praticabile va dall'uscita del canyon alla confluenza con l'Una. In tutto un paio di chilometri. In verità se amate la pesca a ninfa piombata, vi piacciono le sfide e capitate con i livelli bassi come quelli da noi trovati è possibile risalire ben oltre, nelle gole, e pescare in profonde buche, circondati da ripide e suggestive pareti rocciose. Si narra di belle trote selvagge e temoli enormi. Si narra.          Una passeggiata a piedi, lungo il sentiero che lo risale a mezza costa, merita sicuramente il tempo che vi ruberà alla pesca.            Poco a valle delle gole e ben visibile dal ponte di Martin Brod, esiste una piscicoltura. La portata totale del torrente e la bassa temperatura dell'acqua sembrano minimizzare i danni apportati da quest’impianto, ma in quest’ambiente, per altri versi vergine, è un vero pugno in un occhio. Nella piana sopra al ponte fario ed iridee giganti sono pronte a contendersi le vostre imitazioni. Sul ponte sosta il guardapesca.              Dal ponte alla confluenza con Una si alternano piane e raschi, tutti pescabili a secca od a ninfa e ben popolati di trote in tutte le taglie.                 Dei temoli che dire, ce ne sono pochi ed anche molto grossi ma non li ho mai visti bollare e dei quattro allamati nessuno è resistito fino al guadino. Gli insetti presenti testimoniano l'ottima qualità dell'acqua. Sedge e Grandi Perle sono una costante durante tutto il giorno, per riempire letteralmente cielo ed acqua verso sera, quando gli si sommano le Yellow sally.

L'Unac è troppo corto, i pesci sono troppi e di tutte le taglie costringendovi a catturare almeno dieci trote piccole per ogni bella, l'allevamento è scomodo da guardare e le grosse trote che stazionano nei suoi pressi sono un’offesa alla ben nota intelligenza dei PaM. Gli insetti sono eccessivi ed invadenti, infilandosi spesso negli occhiali o dentro il collo. I pesci selvatici dentro la gola sono troppo difficili e se percorro tutti questi chilometri per pescare voglio che mi siano serviti in un piatto d'argento, non che debba scarpinare tra le rocce.                Il guardapesca è gentile, controlla anche la vostra macchina ma non conosce una parola d'Italiano.               Temoli oltre i cinquanta centimetri, come questo della foto, potete tranquillamente catturarli anche in Italia, a secca per giunta.         Non ci andate. Temolo over 50

Il viaggio. Abbiamo traghettato da Ancona. Il viaggio è comodo, si parte alle dieci di sera, si mangia e si dorme in traghetto ed alle sei di mattina si è già a Zara. Per informazioni su orari e tariffe si può contattare la compagnia Amatori (www.amatori.com / Tel. 071 204305). Dal primo Giugno il numero dei collegamenti aumenta ed esiste anche un traghetto veloce che vi sposta in Croazia in un paio d'ore. Da Zara a Kulen Vakuf ci sono cento chilometri. Trenta in più se invece volete andare a Bihac. Al confine Bosniaco vi chiedono il passaporto e verificate che la vostra carta verde sia valida anche per questo stato. A chi va di fretta farà piacere sapere che esiste un collegamento aereo che dall'Italia fa scalo all'aeroporto di Bihac.           Per la permanenza invece ci siamo appoggiati a Gatti (www.gatti-flyrods.it) che con 50-60€ al giorno fornisce pernotto, cena e permessi. Da Bihac, cittadina gradevole e attrezzata anche per il turista ecco come recarsi ai vari fiumi. Prendendo in direzione sud, verso Sarajevo, si costeggia il fiume Una. Dopo 20km si devia a destra per Kulen Vakuf, si oltrepassa il paese e si prosegue, sempre con il fiume sulla destra, per altri 10km su di una strada sterrata fino ad arrivare ad un ponte distrutto e ricostruito dai Canadesi. Da questo ponte, potete ammirare l'Unac che confluisce in Una. Proseguite in sponda destra fino ad arrivare sul ponte dell'Unac dove troverete il guardapesca.            Per raggiungere il Klokot, sempre da Bihac si prende in direzione Zagabria o Croazia e fatti un paio di chilometri lo si attraversa. Percorrete altri 300mt ed all'indicazione Klokot girate a sinistra. Sempre dritto fino in paese, dove al minareto si gira ancora a sinistra. Proseguite su questa strada sterrata senza demoralizzarvi e dopo qualche chilometro arriverete nei pressi della risorgiva.            I miei compagni di pesca erano curiosi di vedere il Gacka, così al ritorno si è presa la via di terra. I chilometri sono oltre 600 ed anche inserendo qualche sosta è dura, soprattutto se a bordo c'è il divieto di fumare.             L'ultima immagine che ricordo del viaggio è, all'arrivo a Cesena, Gigi, in piena crisi d’astinenza, dirigersi verso il distributore automatico di sigarette e mentre risalgo in macchina lo sento attribuirgli arbitrariamente una madre poco raccomandabile e poi insultarla pesantemente.               Temo che rimarrà senza fumare fino a Lugo. 

Epilogo. I posti sono notevoli, l’acqua dei fiumi è praticamente potabile, ma soprattutto mi sono piaciuti gli insetti: ne ho visti più in tre giorni che in un paio di stagioni di pesca.           I pesci sono quelli che sono, più o meno grandi, più o meno pinnati, più o meno quelli che ho trovato in tanti fiumi Sloveni, Croati, o NK Italiani. Riempire un fiume di pesce è facile, quello che è impossibile è avere tante schiuse e tanto intense quanto ci sono ancora qua.             Le attese maturate prima della partenza erano maggiori, pensavo di scoprire un paradiso perduto, invece ho trovato tanti pescatori e trote di semina, ma il mio bilancio è positivo, le catture ci sono state, e tutte a secca.             Paesaggi, avventura, buona compagnia, un pizzico di brivido, ecco cosa mi rimane, ma più di tutto riemerge dalla mia mente, anche nei momenti meno opportuni, quella grossa, impossibile trota che con una semplice salita è stata in grado di imprimermi un ricordo indelebile.             

Ricordatevi, quest’itinerario non è per voi, ve lo sconsiglio vivamente, non ci andate, evitatelo… almeno nell’ultima settimana di Maggio. Contavo di tornarci proprio in quel periodo!!!!!