Nodi & Nylon

Dalla mosca al mulinello

 

Sarca, Limarò. La gola si stringe. Malgrado i grossi massi a rallentargli il cammino il fiume scende impetuoso. Sembra un cottimista bergamasco: lo scorrere verso valle è un lavoro da fare in fretta e con impegno. Da sopra una lastra di roccia studio la corrente alla ricerca d'acqua calma dove posare la mia grossa sedge. Eccola, proprio là, dove lo smeraldo di una corrente di ritorno, a lambire un macigno, contrasta col bianco del flusso principale.    E’ un attimo.

Appena la mosca sfiora l’acqua la trota la ghermisce, come se avesse passato tutta la vita ad aspettarla. Un pesce stupendo, una marmorata di oltre un chilo che ben presto, fiaccata dalla corrente, si lascia trascinare sotto di me. Solo ora mi rendo conto che da questa posizione non riesco a raggiungerla. Posso solo sollevarla. Con apprensione crescente aumento la trazione, la canna si piega all'inverosimile ed il pesce, come i regali di natale dalla carta a stelline, lentamente e gradualmente emerge dal pelo dell’acqua… ed io da quest’incubo ricorrente di cui non sono mai riuscito a veder la fine: la canna, il finale, le varie giunzioni… non so cosa, ma qualcosa improvvisamente cede, facendomi sobbalzare nel letto. Di certo è quest’angoscia notturna che mi ha spinto a razionalizzare ed ottimizzare tutte le connessioni che, passando attraverso backing, coda e finale, collegano la mosca al mulinello.

Vediamole con ordine 

Backing/coda. Frequen-tando prevalentemente le nostre piccole acque popolate da pesci di pari taglia, non mi ero mai posto il problema di questa connessione fino al giorno in cui, un mio maldestro Nail Knot, fece perdere pesce e coda al mio compagno di pesca. In seguito a questa figura barbina (me lo rinfaccia ancora) ed in considerazione del fatto che molto spesso mi trovo ad alternare varie code nel mio mulinello preferito, ho deciso di abbandonare il sistema di nodi e giunzioni tradizionale per passare ad un metodo più pratico.   E cosa meglio di un loop-to-loop?   Procedete in questo modo: nel dacron proveniente dal mulinello, realizzate un’asola abbastanza grande da permettere il passaggio del reel al suo interno. Ora fate altre asole più piccole in tanti spezzoni di dacron per quante code possedete. Infilate un ago nel dacron per allargarne le maglie, toglietelo ed al suo posto inserite il “reel-end” della coda di topo. Una goccia di colla cianoacrilica ben distribuita tramite pressione e rotazione, interponendo qualcosa di meno pregiato della pelle dei vostri polpastrelli, rende definitiva l’unione. Come collegare due loop non richiede spiegazioni, aggiungo solo che la scorrevolezza è ottima, la tenuta garantita e la praticità di sostituzione delle code, già evidente, viene esaltata se abbinata ad un idoneo sistema di raccolta e stoccaggio code.

Dell'AVVOLGICODE, di cui ho già dato i dettagli costruttivi in un'altra pubblicazione, vi allego la foto.

 

Coda/finale. L’Attack è entrato prepotentemente nelle nostre case da oltre 20 anni rendendo possibili riparazioni domestiche ed opere di bricolage fino ad allora inimmaginabili. Velocemente ci si è resi conto del suo vasto campo d’impegno e non potevano certo mancare applicazioni legate al nostro sport. Io stesso ho perso tempo ad elaborare una giunzione coda-finale a base di Attack, per poi scoprire che la realizzazione era “sorprendentemente” identica a quella mostrata passo-passo in un numero di Fly Fisherman che avevo a casa, e quindi già letto. Che i sistemi tradizionali di collegamento, per quanto collaudati, mostrino degli inconvenienti è evidenziato dal fatto che sempre più PAM li abbandonano per passare alla colla cianoacrilica o s'ingegnano nella ricerca di soluzioni alternative. Il Nail-Knot non è facile da eseguire correttamente e se non è fatto a regola d’arte rischia di lasciare la presa; il Cast-Connector tende dopo poco a tagliare la guaina della coda creando un punto debole; l’asola in calza con tubo termo-restringente è piuttosto voluminosa e pesante; ma dove i sistemi sopraccitati vanno in crisi è nella scorrevolezza attraverso gli anelli. Il dogma che voleva il finale pari alla lunghezza della canna ormai è superato, e ciò che era ottimo fino a vent'anni fa ora mostra i suoi limiti. La moderna tecnica di lancio, la grafite e le trote sempre più smaliziate ci permettono/costringono ad utilizzarne di sempre più lunghi ed il ripetuto passaggio di questa giunzione, attraverso gli anelli, crea difficoltà all’estrazione della coda di topo, costringendoci spesso ad intervenire con le mani. Il sistema a colla, anche sotto trazione, possiede un attrito “zero” ed è possibile far fuoriuscire la connessione dalla punta della canna semplicemente volteggiando parte del finale. I non convertiti diffidano della sua tenuta e quando gli mostrate che tirando con la massima forza quella che cede è la coda di topo, accampano che è impossibile da realizzare sul fiume. Ed hanno ragione. Ci mancherebbe che ci portassimo nel gilet da pesca anche il tubetto di Attack! Come del resto il montaggio della calza, va eseguito con calma, a casa, in quelle lunghe serate invernali in cui vostra moglie si commuove con l'ennesima "fiction" e vostro figlio, davanti alla Play Station, si vaporizza gli ultimi neuroni rimastigli. Come spiegato nel riquadro, non va collegato direttamente il finale, ma solo uno spezzone di nylon di adeguato diametro. Sul fiume un semplice nodo del sangue vi permetterà di alternare le varie tipologie di finale che le diverse situazioni di pesca richiedono. Se siete molto pignoli potete rinnovare la giunzione ogni anno, ma sappiate che prima che ceda spontaneamente probabilmente avrete già dovuto mettere mano al portamonete per acquistare una nuova coda.

Sul nylon. Ci sono luoghi comuni difficili da superare. Sapete, ad esempio che siamo l'unico popolo al mondo a credere che l'automobile sia più veloce dell'aereo? Vi sembra impossibile? Basta viaggiare in una nostra qualsiasi autostrada, tra pazzi scatenati che vi sorpassano da ogni lato, per rendervi conto che non solo ci crediamo, ma facciamo di tutto per dimostrarlo.(*)  Uno dei più "comuni" luoghi comuni è il pensare che una cosa, per essere buona, deve costare cara. Emblematico per noi PAM è la scelta del filo per terminali. Produrre nylon credo sia una cosa estremamente economica, dimostrata dal fatto che esistono in commercio bobine da 1000mt di buona qualità a 5-10€ (0.5-1 centesimo il metro), eppure, difficilmente accettiamo di acquistare filo che non costi almeno trenta volte tanto. Quante marche hanno in commercio piccole bobine da 30 o 50mt con prezzi dai 10 ai 15€? E guarda caso sono quasi sempre dedicate al flyfishing. Se facciamo i conti, per chi, come me, utilizza punte lunghe ed ha la brutta abitudine di modificare spesso diametro e lunghezza del terminale, diventa un piccolo capitale ad ogni uscita Chi ha fatto marketing sa che i prezzi, e questo vale per tutti i beni di consumo, non sono rapportati al valore intrinseco dell'oggetto ma ad un definito target cui sono mirati. Esiste, è vero, la concorrenza, ma è valida solo per target omogenei. In altre parole quando andremo a comprare una canna di marca non la confronteremo col grezzo senza nome che il negoziante ci ha mostrato dentro ad un sacchetto di nylon, ma eventualmente con una parimenti rinomata; non per questo quella snobbata è di una qualità o fattura inferiore. Lo stesso principio viene applicato al nylon, od è distribuito per la fascia medio bassa oppure, per avvalorargli l'immagine di prodotto eccezionale, viene venduto caro come l'oro. A prescindere dal suo costo di produzione. Ma l'inganno è ancora più subdolo. Il nostro senso del risparmio, momentaneamente sopito in negozio, riappare prepotentemente quando siamo sul fiume sconsigliandoci di sostituirlo così spesso come dovremmo. Cosi ci ritroviamo non solo a pescare con un filo pagato carissimo ma anche più propenso a rompersi. Lo so, ci sono passato. Attualmente mi sono orientato verso fili più economici che mi permettono sostituzioni a cuor leggero. E' vero che il top della gamma è spesso più valido di cose di medio prezzo ma vi garantisco che se dopo un ora di pesca, la cattura di un bel pesce o la comparsa di un piccolo nodo non lo sostituite, il gap non solo si annulla ma diventa decisamente negativo. Troppo spesso capita di pescare consapevoli di non avere il finale in ordine, pensando che "si, tanto al massimo prenderò una trotella", ma al contrario, dovremmo sempre pensare al pesce grosso: qualsiasi posto e momento possono riservare la grande sorpresa ed è veramente un peccato lasciarsela scappare. 

La scelta. Quando scegliamo un filo, poi, l'unica cosa che riusciamo a comparare è il carico di rottura dichiarato, che tra l'altro non corrisponde alla tenuta reale al nodo, per noi ben più importante; come del resto rimaniamo allo scuro del diametro reale, che per molte marche si discosta, e non di poco, da quello dichiarato. Altra caratteristica peculiare da conoscere di un nylon è la sua elasticità. Si passa da fili molto rigidi ma con elevatissimi carichi di rottura ad altri molto elastici ma con tenuta inferiore, con in mezzo, chiaramente, prodotti dalle caratteristiche intermedie. I primi sopportano sollecitazioni progressive elevate ma non riescono ad ammortizzare gli strappi (si rompono in ferrata), gli altri, grazie alla loro elasticità, richiedono maggiore energia per rompersi. Capita di pensare “questo tiene solo due chili”. Ma lo sapete quanti sono due chili? Provate con la vostra cannetta da mosca a sollevarne anche solo uno se ci riuscite!  Comparando questa trazione con quella spesso sufficiente in pesca per rompere il finale, appare evidente come la maggior parte delle rotture avvenga al 30, max50% della resistenza teorica del nylon. Cosa contano a questo punto i cento grammi in più, se il prezzo deve essere dieci volte tanto?

       Finale/Terminale - Per incrementare le performance del nostro terminale in pesca, piuttosto che girare tutti i negozi alla ricerca del nylon super-extra-plus, possiamo focalizzare la nostra attenzione su questi punti:

- un metodo che ci permetta la sostituzione della punta tanto rapido e semplice da superare la nostra innata indolenza.

- un sistema che mantenga sempre una riserva d'elasticità per assorbire gli strappi

- una scelta oculata di nodi (sono questi il punto debole), tale da ottenere la massima efficienza in ogni giunzione. 

I nodi che utilizzo sono pochi e semplici. Il Blood-Knot lo riservo solo ai diametri grossi dell'eventuale finale a nodi. Nell'ultimo breve tratto, invece, eseguo a casa un Surgeon Loop molto piccolo, aiutandomi con due spilli. Fatto il nodo noterete che l'eccedenza è direzionata verso la parte conica del finale e se lasciata così, per quanto corta la tagliate, tenderà sempre ad agganciare il terminale nella non remota ipotesi (a me capita sempre) che questo incontrando la coda od il finale stesso vi si accavalli. Per renderlo a prova d’impiglio è sufficiente eseguire con lo spezzoncino un mezzo collo, che lo orienterà lateralmente e verso il basso, e poi tagliarlo a filo. Infilate nell'asolina un tratto di filo robusto e provatene la tenuta senza esitazioni. Da nodo a nodo esiste una certa variabilità. Noi lo vogliamo perfetto.

Il primo scopo lo abbiamo ottenuto, in pesca sarà sufficiente eseguire un'altra asola (Triplo Surgeon Loop) sul tratto di nylon da aggiungere come terminale, per ottenere una sostituzione veloce, che anche ripetuta all'infinito non implica nessuna modifica al finale. Non perdete tempo nel tentativo di farla piccola, fatela come vi viene: quel eventuale millesimo di grammo di filo in più non influenzerà di certo la distensione del vostro finale. Generalmente termino con uno 0,16 ed a quest'asola attacco un terminale dello 0,12. Quando le circostanze di pesca richiedono l'utilizzo di un filo ancor più fine uso l’accortezza di non collegarlo direttamente allo 0,16. Lo faccio non per evitare che l’eccessiva differenza di diametro infici la tenuta al nodo (problema non esistente con il loop-to-loop), ma perché il sistema perde in elasticità. Mi spiego. Il grosso filo che compone in gran parte il finale non riesce a lavorare con i bassi carichi di rottura dei fili sottili ed il nylon della punta, da solo, raggiunge velocemente il suo limite elastico, divenendo quasi rigido.

Per ottimizzare il sistema abbiamo bisogno di un tratto intermedio che funga da ammortizzatore, in altre parole, che nel momento della massima trazione, quando la punta è prossima al limite di rottura, sia invece in pieno campo elastico e quindi ancora in grado d'assorbire energia. L'ideale è aggiungere il filo sottile a quello che già stavamo utilizzando, accorciando di poco il precedente. E’ logico difatti supporre che se la situazione ci ha portato ad assottigliare il nylon la stessa richieda anche una punta più lunga, perciò, potrebbe essere buono lasciare 80-100 cm dello 0,12 cui legare un pari tratto dello 0,10-0,8. L'unico nodo che merita di essere utilizzato in questo punto è il Triplo Surgeon Knot. E' molto facile da eseguire e se si riesce a serrarlo uniformemente mantiene un’efficienza al nodo prossima al 100%.

    Un esperimento - Quanto detto non è niente di nuovo, credo che già molti adottino questo accorgimento ma come me lo facciano solo in base a supposizioni. Per trasformare le supposizioni in evidenza ho fatto un piccolo esperimento: ho preso un tratto di 150cm di 0,12 ed un altro composto da 75cm di 0,12 e 75cm di 0,10 e li ho sottoposti a trazioni crescenti registrando gli allungamenti fino ad ottenerne la rottura.

Il risultato è nel grafico allegato, ma vorrei aggiungere le mie considerazioni:

1) non è importante l'allungamento totale, ma quello parziale degli step ad elevata trazione, è qui difatti che una riserva d'elasticità può fare la differenza tra una cattura ed una rottura. E' risultata evidente la maggiore elasticità del sistema composto.

2) nella parte finale del grafico gli allungamenti riprendono ad aumentare. Non lasciatevi trarre in inganno, è l'effetto dello snervamento, il filo ha superato il suo limite elastico deformandosi permanentemente. Siamo prossimi alla rottura.

3) la rottura, nelle due prove, ad onore del Triplo Surgeon Knot, non è mai avvenuta al nodo, confermando l'ottima efficienza dello stesso. Tengo a precisare che non ho usato filo nuovo di fabbrica, ma quello “reale” sopravissuto, dentro le tasche del mio giubbotto, ad un intera stagione di pesca.

       Terminale/mosca - Vi capita spesso di rompere in ferrata o durante il recupero del pesce? Se quanto sopra esposto lo avete già acquisito rimane solo da dedicarsi al vero punto debole del sistema: il collegamento della mosca al terminale. Mi capita spesso di confrontarmi su questo punto. Devo dire che tanti, troppi, lo sottovalutano salvo poi lamentarsi delle continue rotture. Come tutti, quando sono in pesca, ma soprattutto davanti ad un pesce che bolla non amo perdere tempo ad annodare le mosche e quindi quello che desidero è un nodo veloce, facile e che sia eseguibile anche con scarsa luminosità o con le mani intirizzite. Ho eseguito per anni il clinch riscontrando regolarmente la rottura del finale in questo punto, sono passato al clinch “migliorato” notando un discreto incremento d’efficienza, reso in parte vano dalla mia innata indolenza che troppo spesso mi impediva quel passaggio in più per “migliorarlo”, infine mi sono convertito al Turtle knot semplice, ovvero senza il nodino di blocco. E’ facile da eseguire in qualsiasi condizione di luce e garantisce una notevole omogeneità di risultato. Sulla tenuta non ci sono aggettivi: non stringendo il nylon su se stesso ma distribuendo lo stress su tutta la circonferenza della testina della mosca si raggiunge un efficienza prossima al 100%. L’unico inconveniente riscontrato in diversi anni d’intenso utilizzo era, in qualche raro caso, lo scioglimento del nodo. Inconveniente più probabile all’aumentare della taglia della mosca tanto da preferirgli altri nodi su artificiali montati su ami maggiori del 14. Peccato! Passare al Turtle completo di nodino era impensabile. Troppo brigoso e con troppo scarto di filo per nodo. Ho provato invece ad apportargli una semplice modifica e, dopo tre anni d’utilizzo, posso dire che ha gli stessi pregi del precedente senza i difetti di cui sopra. Ora posso collegare una mosca dal 8 al 24 senza cambiare tipologia di nodo. Lo ho nominato, unilateralmente, CS KNOT, probabilmente qualcuno lo ha già inventato, brevettato, battezzato diversamente e prima di me. Non me ne vogliate se non ho perso neppure un’ora per indagare: sono disposto a rinunciare da subito alla sua paternità. Di sicuro, funziona. Provatelo e non lo abbandonerete più!

Ecco la sequenza:

- si infila l’occhiello della mosca, da sopra, e si lascia cadere l’artificiale lungo il finale

- si realizza con il nylon un occhiello stringendo il punto di sovrapposizione tra pollice ed indice della mano sinistra.

- con la mano destra si doppia qualche cm di filo e lo si fa passare dentro l’occhiello, da sotto a sopra, non una sola volta come si fa con il turtle, ma due volte (fig.1).

- regolando la pressione delle due dita della mano sx si tira il loop con la destra fino a far chiudere l’occhiello. Se avete fatto un buon lavoro dovreste ottenere un cappio scorsoio con pochissimo scarto di filo(fig.2).  

- ora, tirando il terminale, lo potete ridurre alla dimensione che preferite. Infilategli dentro la mosca e chiudere il nodo avendo l’accortezza, ed è qui che serve un pelo d’abilità, che si stringa sul filo di montaggio della testina. Tagliate l’eccesso: a volte, soprattutto con mosche piccole, è proprio questa piccola protuberanza di nylon, orientata verso il basso, che impedisce la corretta posa orizzontale dell’artificiale.

 

Epilogo. Considerando che per realizzare tutto ciò occorre solo un ago, qualche goccia di colla e del filo di nylon a basso prezzo, credo che i produttori di articoli da pesca anche quest’anno difficilmente mi manderanno gli auguri di Natale.